La pesca in Italia è un settore importante anzi strategico che urge rilanciare con meccanismi adeguati. I pescatori sono in affanno a causa di imposizioni, limiti e danni. Pescare per loro diventa sempre più difficile, costoso e faticoso. Se a questo scenario si sommano i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale dell’acqua, le prospettive non sono rosee sia per quanto riguarda la pesca, la biodiversità e la funzionalità degli ecosistemi. Se n’è parlato nella XXX Rassegna del Mare, organizzata dall’associazione ecologica scientifica Mareamico, nel corso della Tavola Rotonda “Prospettive per la produzione ittica italiana” il 22 ottobre 2021 nella Sala Ennagonale del Castello di Gallipoli

Relatori: Gilberto Ferrari – Federcoopesca; Plinio Conte – Comitato Scientifico Mareamico; Mario Ferretti – CIRSPE; Donato Pentassuglia – Assessore Regione Puglia; Giosuè Olla -FLAG/GAL; Stefano Vaccari – CREA. Ha moderato: Corrado Piccinetti – Università di Bologna/Comitato Scientifico Mareamico. Ha concluso Francesco Battistoni – Sottosegretario Stato Ministero Politiche Agricole.

Sono stati invitati i rappresentanti della DG Pesca perché a livello nazionale quello della pesca è un settore importante che va rilanciato; per questo motivo, nonostante le difficoltà, bisogna andare incontro ai pescatori sempre più in affanno. Le risorse della pesca sono diminuite e la pesca è stata ridotta in questi ultimi anni in misura drastica.

Allo stato attuale, sulla base delle ultime valutazioni scaturite dai modelli, bisogna ripensare a una fase nuova. Nel corso della tavola rotonda è emerso prepotentemente anche il problema dello sconfinamento dei pescatori in acque lontane dalle loro zone di pertinenza così come sta succedendo in quest’ultimo periodo nel Capo di Santa Maria di Leuca invaso da flotte provenienti dalla Sicilia. La politica pugliese si sta muovendo per arginare questo fenomeno notturno di razzia.

Per quanto sia legale e per quanto la Capitaneria di Porto garantisca che non ci sono rischi di danno ambientale, diversi esponenti politici regionali invocano controlli inflessibili nel rispetto della legge (come il divieto dell’uso di fari e gps) e applicazione del DPR 1639/68, che dà facoltà al capo del Compartimento marittimo di fissare regole riguardo alle località d’esercizio della pesca, all’arco temporale e agli strumenti consentiti per svolgere l’attività.

La pesca è gestita per aree geografiche omogenee denominate Geographical Sub Areas (GSA) che includono alto, medio e basso Adriatico e lo Jonio. È, dunque, prevista la possibilità delle flotte di spostarsi dalla Sicilia per pescare nel Capo di Leuca, anzi è legale, ma si sta progressivamente puntando verso una pesca territoriale in prospettiva di migliorare la sostenibilità e legare i pescatori al loro territorio in modo tale che comprendano le tipologie dei pesci da pescare nel periodo indicato e le dinamiche dei cicli dei pesci che si spostano su linee perpendicolari alla costa a diverse profondità. In questi ultimi tempi abbiamo assistito anche alla migrazione di pescatori dall’Adriatico verso lo Jonio.

Questa consuetudine, tuttavia, è stata bloccata, e vige solo nell’ambito di un’area specifica dello Jonio che è un’area vasta. Tuttavia, la gestione va fatta anche per le aree più piccole con i vantaggi e gli svantaggi che comporta. Bisogna andare verso una gestione territoriale. Alla luce di questo occorre mettere in piedi un nuovo sistema di gestione che persegua una tipologia di pesca che sia sempre più rispettosa dell’ambiente e che tenga conto di determinate specie di pesci, ma, contestualmente, che trovi anche un equilibrio in considerazione degli aspetti geografici, economici e sociali. Intanto assistiamo impotenti alla riduzione della flotta italiana che, in periodo di fermo di pesca, è progressivamente sostituita al largo delle 12 miglia da quella di altre nazioni come Tunisia, Egitto e Libia che pescano al posto della flotta italiana senza limiti e divieti. E questo, oltre a ripercuotersi a livello economico, incide anche sulla capacità di pesca che ha determinato l’importazione di pesce dall’estero con problemi di qualità e di freschezza.

Oltre alla riduzione della flotta, a infliggere un vulnus al settore è stata la crisi del ricambio generazionale sui pescherecci. I giovani non sono più disposti a trascorrere notti in mare. E poi bisogna fare i conti con il lavoro sommerso, irregolare e con l’arresto temporaneo delle attività di pesca a causa del coronavirus. Con l’auspicio di uscire dal tunnel della pandemia deve cambiare il modo e il metodo di approccio alla pesca altrimenti in futuro scarseggeranno le persone che andranno in mare a pescare . Mentre in molti sceglieranno pratiche di pesca non sostenibili o il lavoro irregolare pur di non sottostare a regole e dazi. La pesca in Italia è un settore importante anzi strategico per l’economia che urge rilanciare con meccanismi adeguati in prospettiva di contribuire alla rigenerazione del comparto e alla sua capacità di generare valore e occupazione.