XXVII Rassegna del Mare – Cefalù, 13 ottobre 2018
Tavola Rotonda “La pesca nell’ambito delle attività economiche siciliane, nel rispetto della tutela del mare e della gestione sostenibile delle risorse marine” – Coordina Corrado Piccinetti (Università di Bologna)
Mari e oceani hanno un ruolo importante nell’economia europea, soprattutto grazie ai settori del turismo costiero, della pesca e della navigazione. L’Unione Europea nel 2012 ha pubblicato una Comunicazione sul tema della “crescita blu” e l’adozione della “Carta di Livorno” ha segnato un passo importante per la strategia marina nel Mediterraneo.
I dati disponibili sugli stock ittici sfruttati al di sopra dei livelli sostenibili mostrano che il Mar Mediterraneo è in uno stato di profonda crisi ecologica a causa di un lungo schema di sovrasfruttamento, cattive politiche di gestione e mancanza di monitoraggio e responsabilità.
Nel corso della Tavola Rotonda “La pesca nell’ambito delle attività economiche siciliane, nel rispetto della tutela del mare e della gestione sostenibile delle risorse marine” è stato acceso un focus sulle difficoltà della pesca nel Mediterraneo e il relativo impatto sull’economia siciliana.
Le risorse della pesca sono sensibilmente diminuite. In Italia trenta anni fa non si avvertiva la necessità di ridurre la pesca perché non eravamo al massimo rendimento sostenibile. Tutto lo sforzo di pesca era concentrato in un settore molto piccolo indicato da una nuvola di punti ammassata senza un’ampiezza sufficiente per capire se fosse ascendente, discendete o costante. Eppure in modo prudenziale abbiamo ridotto la pesca italiana con una cura molto drastica anche se forse non era proprio così necessario.
A misurare il termometro della situazione il prof.re Corrado Piccinetti che invita a ripensare ad una fase nuova della pesca sulla base delle ultime valutazioni scaturite dai modelli studiati. Le tre specie dell’Adriatico che sono state valutate sono il merluzzo, la triglia e il gambero bianco. Di questi: il merluzzo ha migliorato la situazione, anche se non è ancora ad un livello di pesca sostenibile, a differenza della triglia e del gambero bianco che si attestano ad un livello attuale di pesca sostenibile.
Forse per questo settore così complesso di cui non abbiamo nessuna certezza se non una serie di indicatori siamo arrivati alla fine della cura dimagrante. Tra l’altro, a partire dal primo di gennaio 2018, è partita la dismissione di altre 400 barche, e, con il sopraggiungere di ulteriori provvedimenti aumenterà il rischio di ridurre in modo drammatico la pesca. Gli studiosi, i rappresentanti di categoria e gli addetti ai lavori hanno cercato di rispondere alla domanda: perché i pescatori vanno via? Hanno paura di non riuscire più a pescare? La risposta è stata: no. La motivazione è un’altra. Hanno paura che la loro barca non valga più nulla. Ad incidere sulle loro decisioni c’è anche il Piano di Gestione della Pesca del pesce azzurro nell’Adriatico. Questo piano presentato dalla Commissione Europea, all’esame del Parlamento Europeo, prevede che si debba attuare una riduzione della pesca delle alici del 95% e delle sardine del 65%.
I pescatori, con l’entrata in vigore di tale Piano, preferiscono vendere o distruggere le loro barche. La flotta di Ancona aveva 12 coppie di volanti; ne son rimaste 3. Cesenatico ne ha perse 2 come Rimini e Cattolica rimasta ormai sguarnita. L’operatore della pesca, che vede diminuito il tempo di azione e le zone dove può esercitare, oltre ad essere soggetto a regole, provvedimenti e vincoli tecnici come, ad esempio, le tipologie di attrezzi da usare, si arrende.
A complicare la situazione subentra anche l’obbligo di segnalare in tempo reale cosa sta facendo e dove sta pescando con la barca, rinunciando al segreto di un’area pescosa, scaturito da una lunga esperienza, che può essere condiviso dalla concorrenza. Di fronte a queste limitazioni che impediscono di pescare e comportano un minor guadagno, il pescatore, preferisce vendere all’estero la propria imbarcazione oppure inoltrare domanda di demolizione.
Alla luce di questo occorre mettere in piedi un nuovo sistema di gestione della pesca che tenga conto di perseguire una tipologia della pesca che sia rispettosa dell’ambiente e che tenga conto di determinate specie di pesci, ma che trovi anche un equilibrio in considerazione degli aspetti economici e sociali.
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