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Stefano Laporta - La sostenibilità degli oceani: tra governance e ricerca scientifica.

Ringrazio per l’invito l’Associazione Mareamico, da sempre impegnata nella tutela del mare, risorsa  indispensabile per il nostro futuro.

E’ un momento di grande attenzione nei confronti della risorsa Mare: le Nazioni Unite hanno dichiarato il decennio 2021‐2030 “Decennio delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile” puntando a mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e i giovani su temi comuni di ricerca e di innovazione tecnologica per un mare più sano, in cui le economie blu vengano sviluppate in modo sostenibile e affrontando le sfide dei cambiamenti climatici.

Migliorare la sostenibilità delle economie del mare è un tema attuale e di grande interesse a livello globale, oltre ad essere obiettivo della Direttiva per la Pianificazione dello Spazio Marittimo. L’Italia e gli altri Paesi europei sono oggi impegnati nella redazione dei piani di gestione, in cui i vari settori blu e l’acquacoltura devono trovare il proprio spazio, minimizzando i conflitti, generando benefici sociali ed economici ed assicurando la conservazione dell’ambiente marino.

Appare ormai evidente che i nostri mari sono sottoposti a minacce e pressioni rilevanti, legate al cambiamento climatico, all’inquinamento, ai rifiuti marini, alla pesca eccessiva, alle specie aliene, che mettono in pericolo lo stato di salute del mare e la sua capacità di continuare a svolgere la sua fondamentale azione di supporto alla vita del nostro pianeta, dandoci ossigeno, intrappolando anidride carbonica e fornendo un’importante fonte di cibo.

Quattro sono i pilastri fondamentali per la sostenibilità degli oceani che devono essere strettamente connessi: governance, ricerca, monitoraggi, consapevolezza.

‐     La Governance costruisce i propri elementi decisionali attraverso le conoscenze di base, i metodi e gli strumenti di analisi forniti dalla Ricerca.

‐     La ricerca viene continuamente riorientata alla luce dei nuovi fabbisogni conoscitivi;

‐     Il monitoraggio è lo strumento di base sia della ricerca sia della gestione;

‐     la consapevolezza si sviluppa attraverso azioni corrette di informazione ed educazione ambientale, ed è la base portante della sostenibilità.

Per capire meglio il concetto di sostenibilità e del legame tra questi quattro elementi facciamo degli esempi.

La Direttiva Quadro sulla Strategia per l’ambiente marino è uno strumento di Governance, tra i più importanti per la protezione del mare. Una Direttiva rivoluzionaria, in quanto introduce il concetto di approccio ecosistemico: le attività umane sono cioè parte integrante della funzionalità degli ecosistemi marini, ma ad un livello tale che non ne compromettano lo stato di salute. Quindi all’interno questa Direttiva c’è anche il concetto di sostenibilità ambientale. La Direttiva è stata recepita in Italia nel 2010; sono già 11 anni che ISPRA e le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (cioè tutte le componenti del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente ‐ SNPA), sotto il coordinamento dell’Autorità competente, il MiTE ‐ il Ministero della Transizione Ecologica, lavorano alla sua attuazione.

Essendo il mare un bene comune, attraverso tale normativa è stata rafforzata la collaborazione con i paesi che si affacciano sul mare, per trovare soluzioni comuni e per condividere metodologie tecnico‐scientifiche. Grazie a questo strumento l’Italia e tutti i Paesi Membri, attraverso specifici Programmi di Monitoraggio Nazionali, hanno cominciato ad avere una buona base conoscitiva dello stato del mare. Già dal 2015 ISPRA e SNPA, coordinati dal Ministero della Transizione Ecologica, effettuano ogni anno ben 31 programmi di monitoraggio, raccogliendo dati su una serie di parametri specifici per 11 descrittori che vanno dalla biodiversità, alle specie non indigene, ai contaminati, al rumore sottomarino e ai rifiuti marini. Inoltre, ogni sei anni, siamo chiamati a rispondere alla Commissione Europea con un report in cui riferiamo i nostri risultati indicando lo stato di salute dei nostri mari. Non solo, comunichiamo anche le azioni politiche/gestionali specifiche adottate dal Paese per mantenere o raggiungere il buono stato ambientale.

Alcuni dati interessanti: le specie aliene identificate nei mari italiani sono 243, di cui il 68 % ha stabilito popolazioni stabili lungo le nostre coste. Le aree considerate a maggior rischio di introduzione sono i porti e gli impianti di acquacoltura: in queste zone sono 47 le specie aliene rilevate negli ultimi anni delle quali 24 di recente introduzione. II 75 % degli stock ittici nel mediterraneo sono sovrasfruttati. Le nostre spiagge sono diventate delle piccole discariche. Se pensiamo che recentemente, a livello europeo, è stato stabilito che il valore soglia per definire una spiaggia pulita sia meno di 20 rifiuti marini ogni 100 metri, mentre lungo le nostre coste ne incontriamo mediamente più di 400 ogni 100 metri, ci rendiamo conto che il problema è grande. I rifiuti più abbondanti sono oggetti che abbiamo utilizzato per massimo cinque minuti: la plastica monouso rappresenta più del 60% dei rifiuti trovati, insieme a borse per la spesa, cotton fioc,  posate usa e getta, cannucce, bottiglie e così via. In alcune aree, anche i rifiuti spiaggiati che derivano dalle attività di pesca e acquacoltura sono molto abbondanti.

I monitoraggi da soli non bastano e la ricerca ha l’obiettivo di colmare le lacune conoscitive e reindirizzare le politiche gestionali. Infatti – per fare un esempio ‐ grazie ad un progetto di ricerca abbiamo stimato che un pescatore di Chioggia può arrivare a pescare fino a 8 tonnellate di rifiuti in un anno, ovvero 9 kg di rifiuti ogni 100 kg di pesce. Grazie ai risultati dei progetti di ricerca è stato possibile inserire nel recepimento della Direttiva 2019/883, relativa all’adeguamento degli impianti portuali per la raccolta il conferimento dei rifiuti dalle navi, anche quelli raccolti dalle reti durante le operazioni di pesca. Sempre grazie ai progetti di ricerca ora sappiamo molto di più sugli impatti dei rifiuti negli organismi marini; nel Mediterraneo più del 63% delle tartarughe marine ingerisce plastica. Altri studi, effettuati da ISPRA nel Mar Tirreno, ci hanno rivelato che più del 50% di alcuni pesci analizzati avevano ingerito microplastiche, e questo è stato riscontrato anche nel 70% di alcuni squali che vivono in profondità.

Grazie ai dati rilevati dai monitoraggi e dalla ricerca, l’Italia ora si sta organizzando per adottare la nuova Strategia UE per la Biodiversità al 2030: entro tale anno bisognerà aumentare le aree protette per almeno il 30% dei nostri mari, con un 10% di aree integrali. E’ quindi evidente come la sostenibilità necessiti di vari strumenti, tra cui anche azioni di formazione e sensibilizzazione per aumentare la conoscenza e favorire l’educazione del pubblico.

Il contributo di Mareamico è dunque molto importante per garantire che il processo di tutela e protezione dell’ambiente possa essere protratto nel tempo attraverso le nuove generazioni.

Tutte queste considerazioni, unite agli altri spunti di riflessione di questa giornata, ci dicono che non possiamo più aspettare: occorre intervenire con urgenza per preservare il nostro mare da tanti, troppi fattori di rischio che lo minacciano, e renderlo quindi elemento centrale per lo sviluppo sostenibile.

Prefetto Stefano Laporta   - Presidente ISPRA