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Pino Lucchesi - Per passare ai fatti
Il clima del Pianeta sta cambiando ad una velocità che neppure i più attenti studiosi avevano ipotizzato e l’area del Mediterraneo è particolarmente interessata da questa fenomenologia.

Si tratta di fatti ormai generalmente acquisiti o contestati da voci sempre più flebili.

Appare chiaro (basta guardare alla tipologia delle piogge del passato autunno) che  andiamo verso un clima subtropicale per la sponda Nord e verso un clima decisamente desertico per la sponda sud  dell’antico Mare nostrum.

L’Italia cade a cavallo di questa partizione ed è quindi da immaginare un centro-nord sempre più umido ed un sud sempre più desertificato.

La nostra vita e soprattutto quella delle future generazioni devono e dovranno confrontarsi con situazioni e problemi nuovi e poderosi,

Parto da queste schematiche premesse per tentare un ragionamento che investe le responsabilità della classe politica, i silenzi se non le connivenze  di parte degli studiosi, l’indifferenza della pubblica opinione quasi  si trattasse di fantasie, di fasi transitorie, di andamenti facilmente correggibili. Non è così.

Mi spinge a farlo anche il titolo della Rassegna di quest’anno che, rivolgendosi alle opportunità di lavoro che sono potenzialmente presenti se collegate ad una gestione corretta dell’ambiente marino, finisce inevitabilmente per investire i temi della pressione demografica, dell’emigrazione, della collaborazione internazionale.

Questo tentativo di ragionamento investe inevitabilmente le responsabilità –non sempre disgiunte- del livello sovrastatale e dei Governi dei singoli Paesi, incluso il nostro, anzi soprattutto il nostro.

Quanto al primo non possiamo non denunciare con fermezza i ritardi, le timidezze ed i condizionamenti che stanno tarpando le ali ad una reale azione sinergica e corale. Il fatto che Stati significativi, come gli U.S.A. non abbiano ancora ratificato le decisioni della conferenza di Kyoto la dice lunga sul potere di intervento delle grandi multinazionali che guardano soltanto al profitto e poco si interessano del futuro dell’umanità.

Ma anche- per venire a fatti e situazioni che più direttamente ci riguardano-  l’approccio ai temi ambientali dell’Esecutivo Comunitario da luogo a più di una perplessità per il modo circospetto e non diretto con i quale vengono impostati i programmi strategici e per l’azione di indirizzo verso i singoli  Stati. Solo in questi giorni –con un suo importante intervento al Parlamento Europeo il Presidente Prodi ha suonato la carica, inverando –tra l’altro- anche gli impegni formalmente presi con la nostra Associazione. Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di dire che “L’Unione Europea deve essere rifondata e che deve essere sostituito un patto divenuto troppo vago, fatto di impegni solo abbozzati e condizionato da ripensamenti disfattisti” ed ha posto l’ambiente tra i cinque punti fondamentali attorno a quali verificare disponibilitàl e propensioni “per ritrovare le ragioni dello stare assieme” in un’Europa allargata e certamente diversa da quella immaginata da De Gasperi ed Adenauer, e per guardare più ai diritti ed alle aspettative dei cittadini che a quelle dei Governi.

Più complesso appare il quadro nazionale che subisce palesemente i condizionamenti di un anno elettorale e ne sconta le tensioni.

La nostra Associazione ha da tempo fatto suo  il concetto di “sviluppo sostenibile” intendendolo come un obbiettivo  intorno al quale realizzare una crescita equilibrata senza compromettere ulteriormente l’habitat e le risorse naturali, tra le quali palesemente- almeno per noi- il mare e le coste hanno un posto di rilievo. Dobbiamo costatare con amarezza che troppe volte questo concetto è stato utilizzato come schermo protettivo per nascondere nefandezze, traffici poco nobili, azioni brutalmente speculative.

 Non ce la sentiamo di poter dire che si siano fatti significativi passi in vanti e siamo molto preoccupati –ad esempio- del pericolo che il promesso rilancio di grandi opere infrastrutturali venga realizzato con forme di compromissione ambientali devastanti, perché non preventivamente verificato e discusso con il mondo della scienza più attento, tra cui certamente quello che coadiuva l’azione di Mareamico.

Ecco perché guardiamo con grande attenzione alle prossime scadenze pronti – nel reciproco rispetto delle diverse funzioni ed attitudini - ad ogni forma di collaborazione, naturalmente  alla condizione che si recuperi un corretto approccio alle tematiche che più ci interessano, e con la consapevolezza che le vere priorità riguardano il risanamento preventivo dell’ambiente e che da qui bisogna partire per impostare una sana azione di sviluppo, passando, appunto, dalle troppe parole (e da qualche esempio insufficiente) ai fatti concreti.

 

On. Pino Lucchesi

Vicepresidente Mareamico