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Patrizia Lupi - Le piccole isole come modello di sviluppo sostenibile

Le piccole Isole che sono veri e propri gioielli naturali, risorse uniche e inimitabili per bellezza, biodiversità, qualità della vita, per le quali un “patto verde” basato sulla sostenibilità si rende ancora più necessario per salvaguardarne l’identità, l’incalcolabile patrimonio materiale e immateriale, l’ambiente fragile per quanto capace di suscitare ancora meraviglia.

Altrettanto necessario è un “patto blu” per le moltissime le attività che hanno nel mare il loro elemento principale, a partire dal turismo che è diventato per le Isole la principale fonte economica, legando a sè un indotto che comunque vive per larga parte dei flussi turistici: pesca, agricoltura, artigianato, produzioni locali, attività culturali, attività commerciali.

La direttiva per la pianificazione dello spazio marittimo, recepita dal MIMS, ha l’obiettivo di assicurare uno sviluppo sostenibile dei settori energetici del mare, dei trasporti marittimi e del settore della pesca e dell’acquacoltura, per la conservazione, la tutela e il miglioramento dell’ambiente, compresa la resilienza all’impatto del cambiamento climatico. La Direttiva chiede agli Stati di elaborare dei piani di gestione dello spazio marittimo che individuano la distribuzione spaziale e temporale delle pertinenti attività e dei pertinenti usi delle loro acque marine.

Gli ambienti marini, quando opportunamente protetti, provvedono a fornire importanti servizi ecosistemici quali: zone di riproduzione per il pesce di interesse commerciale, aree di stoccaggio delle emissioni di CO2 sotto forma di biomassa, protezione delle coste dall'erosione e generazione di una buona parte dell'ossigeno che respiriamo. L’indotto dei territori costieri dipende in buona parte dalla condizione dei mari, a partire dalle attività più strettamente correlate con la sua fruizione (centri di immersione, diporto, pesca, operatori balneari) a quelle che ne beneficiano di riflesso (alberghi, ristoranti, bar, commercianti, noleggio natanti).

Quello che conta è l’approccio ecosistemico per la gestione delle attività umane che incidono sull’ambiente marino e costiero, come prevede la convenzione di Barcellona del 2007 il cui obiettivo è quello di proteggere l’ambiente marino e le zone costiere attraverso azioni volte a prevenire, ridurre ed eliminare l’inquinamento contribuendo al miglioramento della qualità della vita. Ma non solo.La convenzione di Barcellona intende attuare la gestione sostenibile delle risorse naturali marine e costiere;integrare l’ambiente nello sviluppo economico e sociale;proteggere il patrimonio naturale e culturale;rafforzare la solidarietà tra i paesi che si affacciano nel Mediterraneo.

Solo instaurando un sistema di collaborazione e cooperazione fra i paesi che hanno firmato la convenzione si otterranno dei risultati sensibili. Come? Anche attraverso l’istituzione di aree marine protette o  zone specialmente protette di rilevanza mediterranea ( ASPIM), oppure attuando la gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo (GIZC). Ma fondamentali saranno la ricerca e l’applicazione di nuove e tecnologie, eliminando le fonti inquinanti a terra e mare.

Nell’Arcipelago Toscano è in corso da tempo un dibattito acceso sull’Istituzione dell’Area Marina Protetta, come occasione di prosperità per gli abitanti e per le future generazioni. Se ne parla dagli anni ’80 del secolo scorso, quando la legge 979 del 1982  e la 394 del 1991 ne prevedeva l’istituzione. Molte le posizioni in merito. Alcuni la vedono come la soluzione per coniugare salvaguardia ambientale a nuove opportunità economiche a partire dal ripopolamento ittico con un incremento del pescato nel medio lungo termine e, da un punto di vista turistico, per l’aumento dell’attrattività per un pubblico sempre più attento alla qualità ambientale delle mete turistiche. Altri la pensano come un limite per lo sviluppo di iniziative  imprenditoriali temendo vincoli restrittivi e sanzioni. Eppure l'esperienza di alcune Aree Marine Protette dimostrano come, quando gestite bene, queste possano fare aumentare, ad esempio, il capitale della pesca da 5 a 10 volte. E come le presenze turistiche ne traggano beneficio, favorendo un turismo consapevole,  attento e rispettoso.

Turismo sostenibile e salvaguardia ambientale sono legati in maniera indissolubile, se si pensa ad un turismo di qualità, in particolar per territori come le isole dove l’incremento numerico dei fruitori del territorio aumenta in maniera esponenziale in estate. Anche la gestione delle risorse energetiche, dell’approvvigionamento idrico, dei trasporti  interni e marittimi, della raccolta dei rifiuti, sono problemi che le isole si trovano ad affrontare e solo attraverso idee, progetti, collaborazioni e adeguati investimenti si può pensare di trovare soluzioni.

Solo per citare alcune iniziative. L’ANCIM nel 2016 ha lanciato il Manifesto per lo sviluppo sostenibile delle Isole minori, nato dall’esigenza di recuperare il ritardo delle aree insulari anche attraverso un’azione integrata tra soggetti pubblici e privati, una finanza integrata e progetti integrati. “I temi energia, acqua, rifiuti e mobilità non sono obiettivi a se stanti – recita il manifesto - ma sono strettamente legati alla valorizzazione dei beni culturali, dell’ambiente e del paesaggio,dato che l’ambiente, la sua tutela e fruizione possono contribuire a creare nuova occupazione”.

La Fondazione per lo sviluppo sostenibile proprio all’Elba nel 2017 ha lanciato i Manifesto per le isole minori, 10 proposte da mettere in atto per uno sviluppo che, anche attraverso la raccolta differenziata, raggiunga i massimi livelli di sostenibilità per questi territori di grande pregio e fragilità, conseguendo benefici ambientali, sociali ed economici per cittadini, operatori economici e turisti.

L’università di Roma La Sapienza con altri partner europei invita i giovani delle isole italiane a formarsi nei green jobs, dalle energie rinnovabili, all'efficienza energetica, al turismo e alla mobilità sostenibile, sulla scia del Progetto europeo Yenesis per ridurre la disoccupazione fra i giovani che vivono nelle isole europee. Perché l’ambiente crea nuove occasioni di lavoro. I Green jobssono quei posti di lavoro che contribuiscono a preservare o ripristinare la qualità ambientale. Ciò include tutti i lavori che aiutano a proteggere gli ecosistemi e la biodiversità, ridurre il consumo di energia, materiali ed acqua attraverso strategie ad alta efficienza, ed infine ad evitare la produzione e generazione di rifiuti ed inquinamento. Il programma professionalizzante verterà sulle 4 aree tematiche che sono: le energie rinnovabili, l'efficienza energetica, il turismo e la mobilità sostenibile, oltre a trattare in modo trasversale il tema dell'imprenditorialità e del business innovation. I giovani che verranno selezionati parteciperanno per le diverse attività di formazione e di tirocinio in Italia e all'estero senza dover sostenere alcun costo di iscrizione al corso e ricevendo inoltre il rimborso per tutti gli spostamenti e le spese di sussistenza per i diversi viaggi che affronteranno durante il programma.

Le isole, per concludere, proprio perché circoscritte, potrebbero essere i luoghi dove sperimentare modelli di economia pulita e circolare, ripristinando la biodiversità, riducendo l’inquinamento, coinvolgendo la popolazione e le imprese, oltre alle istituzioni, per una corretta gestione ambientale del territorio, partendo dal riuso delle aree terrestri che sono state abbandonate con l’avvento del turismo, incentivando i mestieri del mare, recuperando prodotti,  colture e mestieri tradizionali. Un modello ricco di informazioni e buone pratiche che potrebbero essere riproposte su altri territori nazionali di pregio ambientale e con spiccata vocazione turistica, ricorrendo a banche dati, club e siti web di agevole accesso per lo sviluppo di idee e progetti di comunicazione ad esempio nel riciclo dei rifiuti.

Finisco con una ultima buona pratica che, sotto la bandiera dello sviluppo sostenibile,  mette insieme istituzioni, università, cittadini e imprenditoria. Il Manifesto Elba 2035, presentato n questi giorni,  nasce come percorso partecipativo in cui il territorio elbano  è messo al centro e dove gli stakeholder che lo abitano entrano in dialogo tra loro per immaginare lo sviluppo sostenibile dell’Isola nei prossimi 15 anni. Sulla scia degli obiettivi dell’Agenda 2030 intende applicare all’Elba, modelli ed azioni che vadano nella direzione del contrasto al cambiamento climatico, della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra in atmosfera, dell’arresto della perdita di biodiversità, della salvaguardia delle risorse idriche, della lotta all’inquinamento da plastica, del miglioramento e della tutela degli ecosistemi terrestri e marini, della eradicazione delle specie aliene, del presidio del patrimonio rurale e storico-culturale isolano.

Abbiamo poco più di dieci anni di tempo per portare a termine questo progetto. La conoscenza e la consapevolezza sono già un primo passo verso il cambiamento. Chiudo con alcune parole di Neruda, un inno alla resilienza ed all’impegno personale e sociale. “Nascere non basta. E’ per rinascere che siamo nati, ogni giorno.”

 

Dr.ssa Patrizia Lupi – Giornalista