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Massimo Coccia - Bruxelles e la voce inascoltata dei pescatori italiani

Confrontarsi, comunicare, discutere: è soprattutto questa la linea di dialogo che Federcoopesca, quale primo rappresentante del mondo cooperativo della pesca italiana, ha scelto fin dalla sua fondazione -che risale al 1950-, per portare avanti le proprie idee in difesa della categoria dei pescatori del nostro Paese.

Nel suo lavoro di rappresentanza la Federazione ha vissuto momenti di forte tensione perché, inesorabilmente, le posizioni con gli altri interlocutori non sempre sono state vicine alle richieste del mondo cooperativo. Ma sappiamo bene che questo è il nostro compito, anche se talvolta il dialogo si è trasformato in attrito oppure è degenerato in scontro; l’importante, per noi, era che la voce dei pescatori giungesse, forte e chiara, alle orecchie degli amministratori, fossero essi nazionali o locali.

Oggi i frutti della nostra attività hanno permesso agli oltre 20.000 soci della Federcoopesca di continuare serenamente il loro lavoro e, nel contempo, a tutti questi operatori va dato atto che il coraggio e la capacità che hanno dimostrato nel sapersi adeguare alle rinnovate esigenze del mercato ed agli stimoli –che oserei dire raramente chiari- giunti dalle normative aggiornate nel corso del tempo, hanno creato un circolo virtuoso che li colloca ai vertici del mondo della pesca in Europa.

Stranamente, però, è proprio a livello comunitario che le capacità e la validità dei nostri pescatori stentano ad essere comprese, e ancor di più lo sono le loro specifiche esigenze. È questo il punntum dolens degli odierni rapporti tra la pesca italiana e, vieppiù, tra la pesca mediterranea e Bruxelles.

Apro ora un parentesi, doverosa, su questo aspetto, perché mi preme approfondire e chiarire quali sono le relazioni che intercorrono tra noi e l’Unione europea.

La nuova sfida che abbiamo davanti è appunto far sentire la nostra voce, in maniera democratica, a Bruxelles. Sui tanti tavoli di lavoro e di concertazione, nelle innumerevoli riunioni di consultazione, nei molteplici meeting internazionali il mondo cooperativo della pesca italiana è interpellato ma scarsamente ascoltato. E allora mi chiedo come è possibile, in un’ottica di prossimo allargamento dell’Unione, quando nell’ambito europeo entreranno anche i paesi che si affacciano sul Baltico e che porteranno le loro specifiche richieste in materia di pesca, che l’Italia ed i paesi mediterranei, tra i promotori della Ue, siano oggi bistrattati dalla Commissione europea della pesca?

La mia opinione è che la costituzione della Comunità europea, una delle più grandi conquiste dei paesi del vecchio continente, ha avuto come rovescio della medaglia l’eccessiva burocratizzazione delle sue propaggini amministrative ed ha costretto le singole rappresentanze nazionali ad uniformarsi, volenti o nolenti, a modelli organizzativi che nulla hanno a che vedere con le reali esigenze dei paesi membri. Emblematico, in questo caso, è il problema della pesca.

Le rappresentanze nazionali sono state appiattite all’interno delle rappresentanze europee, e questo ha creato evidenti squilibri nel corso delle discussioni sulla gestione dei vari settori economici e produttivi. Ad onor del vero per il comparto ittico esiste una sorta di rappresentanza sovranazionale nella Ue; alludo al COGECA, che è l’unico deputato a rappresentare gli interessi del comparto ittico cooperativo all’interno del Comitato Consultivo Pesca. Il problema nasce dal fatto che essendo il COGECA l’unico deputato a rappresentare dentro il Comitato Consultivo i paesi europei, non tutti trovano la possibilità di essere ascoltati in maniera diretta (come avveniva, peraltro, qualche anno fa). In questi mesi, ad esempio, le organizzazioni cooperative italiane non sono rappresentate. Il COGECA potrebbe essere comunque un mezzo efficace di concertazione e di dialogo, in fase di redazione e verifica delle normative, se oltre ad essere consultato fossero prese in considerazione le sue indicazioni.

Suonerà incredibile ma questo Ente, già di per sé poco rappresentativo, può diventare in questo modo totalmente inutile. Nel suo ambito, infatti, le organizzazioni professionali che dovrebbero essere attentamente considerate, non hanno alcuna voce. E quando provano a mettere sul tavolo le loro proposte queste, automaticamente, vengono respinte o momentaneamente accantonate, in attesa di essere cassate del tutto.

Un Parlamento europeo ostaggio della Commissione

Verrebbe allora da dire che questa Unione europea pecca di democraticità, pur essendo nata sui principi base di dialogo e collaborazione. E in questo quadro il Parlamento europeo, sovrano strumento di rappresentanza dei paesi membri, cosa conta? L’idea che mi sono formato in questi anni di lotte per la salvaguardia del mondo della pesca italiana è che il ruolo del Parlamento, rispetto a quello della Commissione, è ben che meno marginale. È un’opinione, la mia, costruita su basi oggettive quali le vicende dei regolamenti della Politica Comunitaria della Pesca e del Piano di Azione del Mediterraneo. Anche in questo caso la Commissione ha adottato dei provvedimenti formali circa la redazione del testo normativo, ma tali indicazioni non sono mai confluite né si sono concretizzate in un documento unico e condiviso.

Emerge quindi un ulteriore paradosso, inimmaginabile per le moderne democrazie di Eurolandia: il Parlamento conta meno di una Commissione e, al limite, meno dei funzionari di Bruxelles.

Nello specifico del nostro settore, i risultati di questa politica sono una perfetta distonia tra i risultati dei lavori della Commissione pesca ed il supporto democratico e rappresentativo garantito dal Parlamento, che recepisce e trasmette alla stessa Commissione le istanze dei pescatori. Per sintetizzare ancor di più, credo che la Commissione e la burocrazia siano i veri protagonisti della politica europea.

L’occasione del Semestre italiano di Presidenza Ue

Al Governo italiano tocca in questo periodo un compito arduo e gratificante: guidare la Presidenza Ue di turno.

La prima impressione che si potrebbe avere, dal di fuori, è che questo evento potrebbe dare, finalmente, una svolta ai problemi della pesca italiana, visto che l’Amministrazione del nostro paese ha ben chiari quali siano i problemi e le necessità dei nostri operatori. Nonostante questo, bisogna essere realisti: non tutti i contrasti esistenti potranno essere risolti nel Semestre italiano.

La possibilità di porre le basi per venirne a capo, questo sì, esiste. Fanno ben sperare, in questo senso, gli appuntamenti futuri che attendono i nostri Governanti in sede europea, quando si dovrà discutere di scelte importanti soprattutto sul furto della pesca mediterranea.

Concludo allora con un auspicio ed un obiettivo ben chiaro: battiamo ancora la via del dialogo e della concertazione, ora che il Semestre sta entrando nel vivo, tra tutte le Associazioni della pesca, il Governo italiano e l’amministrazione pubblica del nostro paese.

È questo è infatti, come ricordavo all’inizio, il modo di lavorare di Federcoopesca, incentrato sulla collaborazione comune e sul confronto democratico, ed il solo che la nostra Associazione conosca per dialogare efficacemente con le Istituzioni allo scopo di garantire un futuro certo ai nostri cooperatori.

 

Massimo Coccia - Presidente  Federcoopesca