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Marina Roldan - La conservazione della Biodiversità marina

L’ONU ha designato il 2010 come “anno internazionale della biodiversità”. Questo termine (biodiversity) deriva dalla contrazione dei vocaboli inglesi biological diversity e fu introdotto per la prima volta dal conservazionista Raymond F. Dasmann nel libro A different kind of country, pubblicato nel 1968. Negli anni ’80 il termine ha avuto ampia diffusione in ambito scientifico, particolarmente tra biologi ed ecologi, soprattutto grazie alla pubblicazione del libro Biodiversity del 1988. In questo libro, di cui E.O. Wilson è stato editore, sono raccolte le iniziative del National Forum on BioDiversity, svoltosi a Washington D.C. nel settembre del 1986. Attualmente il concetto di biodiversità è utilizzato ampiamente anche al di là delle frontiere della scienza, essendo frequentemente usato dalle ONG, dai partiti politici e da molti cittadini preoccupati e interessati alla salute e al futuro del pianeta. Tuttavia per la gente comune l’attenzione per la diversità biologica, in particolare quella dell’ambiente marino, può restare molto lontana dalle preoccupazioni della vita quotidiana. Un’eccezione è rappresentata da quei cittadini che, per vicinanza o interesse al mare, abbiano una relazione diretta con l’ambiente marino. La maggior parte della popolazione umana vive nelle zone costiere e pertanto l’individuazione della perdita di biodiversità in tali zone ed anche nei sistemi marini prospicienti continua ad essere una sfida importante. La creazione di Riserve Marine o Aree Marine Protette da parte dei paesi rivieraschi mira a spazzare via il degrado delle zone costiere, così come a proteggere la sua biodiversità.

                Nell’anno 2000 le Aree Marine Protette coprivano lo 0.6% della superficie degli oceani, una percentuale molto inferiore rispetto a quella dell’ambiente terrestre, in cui la superficie protetta ammonta al 9%. Secondo Daniel Pauly, nel 2009 tale percentuale in ambiente marino è aumentata fino allo 0.8%, ma solo una ogni dieci Aree Marine Protette viene efficacemente gestita e conservata.

Attualmente esistono al mondo più di 4000 Aree Marine Protette che sono distribuite in più di 80 paesi. In Mediterraneo vari paesi rivieraschi hanno sviluppato piani di protezione di aree marine sia autonomamente che sotto la promozione della Comunità Europea (Natura 2000), come ad esempio la Spagna, la Francia, la Grecia, l’Italia, Malta e Cipro. In Italia sono state istituite 30 Aree Marine Protette, mentre in Spagna sono presenti 10 Riserve Marine, di cui 7 in Mediterraneo e 3 alle Isole Canarie.

                La recente incorporazione come AMP dell’area di pesca El Cachucho, situata nel Mar Cantabrico a 65 km dalla costa merita particolare attenzione. Il nome El Cachucho fu assegnato dai pescatori asturiani per la presenza sui fondali del berice rosso (Berix splendens), da loro chiamato “palometa roja”. In quest’area il fondale si presenta come una grande montagna che si eleva da quasi 5000 metri di profondità per arrivare con la vetta a 425 metri. Diverse campagne di ricerca effettuate in quest’area ebbero il risultato di scoprire che El Cachucho era un “hot spot” di biodiversità marina e quindi l’area fu inclusa nella proposta di istituzione di una rete di Aree Marine Protette che il WWF/Adena presentò pubblicamente a Madrid il 13 di marzo del 2006 e che è stato incorporato nella rete europea Natura 2000. L’AMP di El Cachucho ha una superficie di 230.000 ettari (circa 50 km di ampiezza in direzione E-O e 18 km in direzione N-S) e una diversità biologica insolitamente elevata, con 550 specie descritte, tra le quali si trovano coralli, spugne e gorgonie, oltre a specie di interesse commerciale come la musdea di fondale (Phycis blennoides) e i calamari giganti tra gli altri.

La sfida che si presenta da qui in avanti è molto grande. A che livello viene monitorata la biodiversità di questa AMP? La biodiversità può essere studiata a tutti i suoi diversi livelli composizionali, di cui i più frequentemente considerati sono quelli ecosistemico, specifico e genetico. In linea generale la componente genetica della biodiversità è il livello meno studiato dei tre, tuttavia è riconosciuto come livello di base per il mantenimento della risposta delle specie ai cambiamenti naturali, siano essi di origine naturale o per effetto dell’uomo.

 

Marina Roldán –Dipartimento di Biologia – Università di Girona - Spagna