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Marcello Zunica - Titolo IT.pdf | Download Share on Facebook |
L’interfaccia terra-mare propone ormai solo forme di una generale appropriazione una colata di cemento e un eccesso di frequentazione che ci fanno chiedere se il concetto di crescita possa equivalere a quello di sviluppo e se il termine “erosione” stia a indicare solo perdita di sabbia degli arenili o piuttosto “consumo” generalizzato. Vale la pena di ricordare che si è in presenza di un sistema particolarmente reattivo, sensibilissimo alle azioni meno avvertibili che si svolgono nella terraferma e nel mare i cui moti, tra l’altro, non conoscono frontiere.
Nella consapevolezza che l’uomo ha dato una nuova dimensione alle proprie attività lungo la costa, il termine litorale ha perso il significato di demarcazione tra terra e mare per assumere quello che coinvolge sistemi di relazione dagli spessori sempre più ampi e carichi di contraddizioni.
Da quanto detto si deduce che l’interfaccia terra-mare da tempo non si identifica più con sistemi colloquianti: quello del costante mutamento fisico-biologico e quello del cambiamento socio-economico. Per questo occorre che si realizzi una politica intesa al recupero delle risorse costiere anche mediante l’istituzione di parchi terrestri e marini unico tentativo per rianimare l’ambiente naturale e conservare quello che resta delle emergenze storiche e culturali. Ma per finalizzare questa prospettiva occorre tener conto di quattro situazioni di fatto: sistemi costieri nettamente compromessi; sistemi costieri compromessi ma con possibilità di recupero; sistemi costieri dove è ipotizzabile mantenere un equilibrio tra ambiente e (possibili) utilizzazioni socio-economiche (sviluppo sostenibile); sistemi costieri dove è raccomandabile il mantenimento delle valenze ambientali. Tutte situazioni che impongono di leggere in maniera integrata lo spazio costiero.
Ne discende che se oggi prevale il rapporto uomo-economia è ora di riscoprire anche il colloquio natura-uomo-cultura da troppo tempo disatteso.
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