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G. Izzo -G. Massini -A. Signorini - C. Silvestri - A. Allegro - Indicatori funzionali della stabilità ecologica di ambienti lagunari IT.pdf | Download Share on Facebook |
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Riassunto
Le lagune sono ecosistemi caratterizzati da stati ecologici alternati che generano trasformazioni funzionali e strutturali su scala spazio-temporale di breve e medio termine. In questi ambienti si verificano crisi distrofiche stagionali che sono la principale causa di variazioni, su scala pluriennale, nella composizione della comunità.
Ricerche svolte in 5 lagune italiane, per la comprensione dei fenomeni distrofici, hanno messo in evidenza l’importanza di alcune variabili che regolano la dinamica degli shift di dominanza di specie in questi ecosistemi. La qualità dei sedimenti insieme ad altri fattori quali la trasparenza e la concentrazione dei nutrienti sono le principali forzanti della sostituzione di fanerogame a ciclo vitale lungo con macroalghe a ciclo vitale breve. Lo studio delle dinamiche di sostituzione evidenzia l’importanza funzionale della struttura morfologica delle specie coinvolte.
Alcuni autori (Kautsky, 1988; Hein et al., 1995) hanno formulato modelli in cui sono individuati strategie di vita e parametri funzionali delle specie vegetali quali fattori predominanti per la loro affermazione in varie condizioni di stress del sistema. In questo lavoro viene mostrata una relazione tra l’H2S, un metabolita tossico sviluppato nei sedimenti durante i processi di eutrofizzazione, e le caratteristiche dei popolamenti algali. Viene infine proposta un’integrazione dei modelli di Kautsky ed Hein con i nostri risultati, dalla quale emerge che i diversi taxa di produttori primari possono essere ordinati secondo un ordine progressivo di stabilità ecologica dipendente dallo stato trofico del sistema.
Introduzione
I cambiamenti qualitativi della vegetazione sommersa in ecosistemi acquatici eutrofici sono argomento di crescente attenzione su scala globale (EEA, N°5/1999). In particolare, la progressiva sostituzione di specie a ciclo vitale lungo, quali fanerogame, con specie a ciclo vitale breve, come le clorophicee, è un processo che sta interessando aree costiere sempre più estese. Generalmente il processo di sostituzione di specie viene messo in relazione con l’aumento del carico di nutrienti nel corpo recettore (EEA, N°4/1999). D’altra parte non è facile trovare prove dirette di quest’affermazione, perché la relazione tra i due processi è molto complessa, si sviluppa su una scala temporale lunga, e deve tener conto anche della diversa recettività degli ecosistemi all’input dei nutrienti nonchè dei processi d’immobilizzazione e solubilizzazione degli stessi.
Nel presente lavoro sono studiati alcuni meccanismi di sostituzione e la sequenza delle specie vegetali che si affermano come dominanti negli ecosistemi lagunari di Venezia, Comacchio, Orbetello e nei laghi costieri di Fogliano e Caprolace (Parco del Circeo). Questi ambienti sono generalmente ipertrofici e caratterizzati da stati ecologici alternati (Moss, 1998) con crisi distrofiche estive ed in essi si sono osservate alterazioni funzionali e strutturali in periodi relativamente brevi.
In studi precedenti abbiamo descritto la serie di processi che conducono alla distrofia estiva degli ambienti lagunari (Izzo G. & Hull V., 1991). Dai risultati fino ad ora raccolti e di seguito presentati in forma sintetica non si rileva una relazione diretta tra dominanze e concentrazioni di nutrienti; questa relazione si individua, invece, con l’intensità dell’attività di solfato riduzione batterica dei sedimenti (Izzo G., Creo C. e Signorini A., 1990). Questa può essere considerata un parametro descrittore della funzionalità degli ecosistemi che integra in sé le interazioni tra fattori abiotici e biotici e sembra svolgere il ruolo cardine su cui si affermano le caratteristiche specifiche della vegetazione sommersa in conseguenza dei crescenti accumuli di nutrienti.
I nostri risultati sono stati integrati con studi bibliografici sull’importanza funzionale della struttura morfologica delle specie coinvolte, in relazione ai fattori di stress e disturbo del sistema (Grime, 1977). Kautsky (1988) e Hein et al., (1995) Duarte (1995) hanno formulato modelli in cui sono individuati strategie di vita e parametri funzionali delle specie vegetali quali fattori predominanti per la loro affermazione alle condizioni ambientali. Viene quindi proposta un’integrazione dei modelli di Kautsky e Hein con i nostri risultati suggerendo una sequenza ordinata e prevedibile delle sostituzioni delle specie vegetali in ambienti eutrofici. Conseguentemente attribuiamo ai diversi taxa un significato d’indicatori di condizioni ecologiche.
Materiali e metodi
In tab. 1 viene presentato un prospetto delle ricerche condotte in 5 lagune italiane: i laghi costieri di Caprolace e Fogliano (Parco Nazionale del Circeo) (Izzo et al.1998) e le lagune di Venezia (Izzo et al. 1997), Comacchio (Barilli et al.1995) e Orbetello (Bucci et al.1989, Lenzi). Le stazioni sperimentali scelte nella laguna di Venezia, la prima in località Sacca Sessola (Venezia 1) l’altra in località S.Pietro in Volta (Venezia 2), presentano popolamenti vegetali a diversa dominanza tali da far ritenere che le condizioni ecosistemiche siano così diversificate da dover trattare i siti separatamente. Lo stesso vale per la laguna di Orbetello, suddivisa in laguna di ponente (Orbetello P) laguna di levante (Orbetello L), e per quella di Comacchio, suddivisa in Comacchio 1 (località Valle Campo) e Comacchio 2 (località Casone Punta)
In tab. 1 sono riportati i valori dei principali parametri indagati, in tab.2 le dominanze vegetali e le fonti da cui sono state tratte tali informazioni. Per i metodi secondo cui sono state svolte le analisi si veda Izzo et al. 1997.
Tab.1_ Sintesi dei risultati dei parametri misurati in anni differenti in 5 lagune italiane. I dati si riferiscono alle variazioni parametriche annuali.
SITO |
ANNO |
Vegetazione dominante |
Rif. Bibliografico |
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Caprolace |
1995 |
Zostera sp, Cymodocea sp |
Izzo et al., 1998 |
Fogliano |
1995 |
Ruppia maritima |
" |
Venezia 1 |
1993 |
Ulva rigida |
Izzo et al., 1994 |
Venezia 2 |
1993 |
Zostera noltii , Chaetomorpha sp. |
Izzo et al., 1997 |
Orbetello |
1975 |
Ruppia cirrhosa |
Naviglio et al., 1988 |
Orbetello |
1984 |
Gracilaria verrucosa |
Lenzi & Mattei 1998 |
Orbetello |
1987 |
Chaetomorpha linum |
" |
Orbetello P |
1988 |
Chaetomorpha linum, Gracilaria verrucosa |
Naviglio et al., 1988 |
Orbetello L |
1988 |
Chaetomorpha linum, Ulva rigida |
" |
Orbetello |
1992 |
Cladophora vagabunda |
Lenzi & Mattei 1998 |
Comacchio 1 |
1992 |
Chlorella sp |
Barilli L. et al., 1995 |
Comacchio 2 |
1992 |
Chlorella sp |
Olivieri P. et al., 1992 |
Tab. 2_ Dominanze di micro e macroorganismi fotosintetici nelle 5 lagune studiate. Sono riportate osservazioni di numerosi autori in anni differenti.
Risultati e discussione
Modello di eutrofizzazione nelle lagune
La fenomenologia dell’eutrofizzazione, in ambienti di basso fondale, è complessa in quanto, sebbene la causa principale sia l’aumento del carico di nutrienti, questo induce sulla lunga scala dei tempi una serie di variazioni nella struttura, funzione e stabilità dell’ecosistema non facilmente riconducibile alla causa. I parametri chimico-fisici tradizionali non descrivono adeguatamente questa evoluzione.
In particolare nelle acque degli ecosistemi lagunari studiati le concentrazioni medie annuali di ortofosfati risultano quasi sempre inferiori ai limiti strumentali (< 2µg/l., Tab.1) ed il DIN è compreso tra 22 µg/l (Caprolace) e 302µg/l (Venezia 1). Le concentrazioni di clorofilla “a” sono comprese tra 1.0 mg/mc a Venezia 2 e 55.92 a Comacchio 2.
Nei sedimenti la concentrazione di P totale e P organico varia poco tra i diversi ambienti: i valori più elevati si registrano a Caprolace rispettivamente con 410 mg/Kg di P totale e 217 mg/Kg di P organico ed i più bassi a Comacchio 2 con 249 mg/Kg di P totale 45 mg/Kg di P organico. Per Orbetello i dati non sono disponibili. Di contro le concentrazioni medie di azoto totale variano di almeno un ordine di grandezza nei diversi ecosistemi studiati: i valori più bassi si registrano a Comacchio 2 con 528 mg/Kg, ed i più elevati a Caprolace con 9757 mg/Kg. Anche per il carbonio la concentrazione più elevata si rileva a Caprolace con 131.208 g/Kg e la più bassa a Comacchio 2 con 21.611 g/Kg. E’ noto che, negli ambienti lagunari i nutrienti tendono prevalentemente ad accumularsi nei sedimenti. Generalmente ci si attende anche di trovare alte concentrazioni nei sedimenti degli ecosistemi che presentano frequenti crisi distrofiche. Dai risultati di questo studio emerge che i sedimenti di Comacchio, in cui un forte input di nutrienti ha creato macroscopici effetti di eutrofizzazione (Barilli et al.1995), contengono le più basse concentrazioni di P, N e C mentre i valori più alti si rilevano a Caprolace, dove non si sono rilevate forti manifestazioni di degrado dell’ecosistema ed i fondali sono colonizzati da una assortita ed estesa “guild” (Root, 1967) di fanerogame marine.
La situazione descritta mostra come la sola concentrazione dei nutrienti in acque e sedimenti potrebbe dar luogo ad interpretazioni paradossali sullo stato trofico degli ecosistemi attribuendo ad esempio alla laguna di Caprolace un elevato stato di trofia ed un altrettanto elevato rischio di distrofia e la condizione opposta alle Valli di Comacchio; di contro se si valutano anche i dati relativi alle attività batteriche dei sedimenti, in particolare la solfato-riduzione, il giudizio si inverte rendendosi peraltro più coerente con la realtà. Tradotto in pratica questo significa che lo stesso quantitativo di nutrienti in due lagune differenti può indurre stati trofici molto diversi. Ogni ecosistema, infatti, ha una differente capacità recettiva principalmente in funzione delle sue caratteristiche abiotiche individuate da un differente ricambio di acque, circolazione e ventosità ed una diversa morfologia (Izzo et Hull, 1991).
In definitiva il carico di nutrienti che un sistema riceve può essere considerato più o meno alto, solo in funzione della capacità dell’ecosistema di metabolizzare aerobicamente il detrito organico prodotto dalla biomassa sviluppatasi su tale carico. Il limite, quindi, alla crescita produttiva di un ecosistema è riscontrabile nella sua capacità di riciclare i metaboliti prodotti senza che si verifichino perturbazioni drastiche nella struttura e composizione delle comunità.
Nixon 1995 propone come definizione d’eutrofizzazione l’incremento del tasso di fornitura di materia organica all’ecosistema. Noi riteniamo che l’incremento sia una condizione necessaria ma non sufficiente a generare significative alterazioni nella struttura e funzione dell’ecosistema. Queste possono venir generate da un “eccesso” (EEA, N°4/1999) rispetto ad una soglia caratteristica dell’ecosistema che identifichiamo nel passaggio da una decomposizione prevalentemente aerobica ad una in anaerobiosi stretta in cui la solfato riduzione batterica aumenta oltre la capacità tampone del sistema (Izzo et al., 1990, 1997). Questa condizione si può verificare nel periodo estivo, con intensità che varia da laguna a laguna. Questo evento provoca il diffondersi in colonna d’acqua dell’idrogeno solforato che é una sostanza tossica per le angiosperme marine (Koch et al.1990). La tossicità dell’idrogeno solforato si può esprimere a livello di comunità con variazioni quali-quantitative nella sua composizione. Il processo estremo d’invasione dell’H2S nell’intera colonna d’acqua dei nostri ecosistemi si verifica con intensità, intesa come estensione spaziale e frequenza nel tempo, differenti nelle diverse lagune. Nelle Valli di Comacchio l’evento si verifica annualmente in aree estese, ad Orbetello ogni 3-5 anni (Lenzi et al. 1998) su un’ampia estensione della laguna, a Fogliano con la stessa frequenza il processo si verifica solo in una piccola area (circa il 10% della superfice totale), etc. Questi eventi, a nostro parere, determinano gli shift dei popolamenti vegetali. Moss (1998) sostiene che le comunità vegetali d’ambienti acquatici sono stabilizzate attraverso particolari meccanismi tampone e che il passaggio da una dominanza ad un'altra richiede un netto cambiamento di percorso che, a nostro parere, è causato anche da fenomeni tossici. Quindi i meccanismi tampone possono lavorare per neutralizzare le deviazioni del sistema ma oltre una determinata soglia vengono a mancare le condizioni che determinano il campo di esistenza della comunità stessa. Se questa ipotesi è giusta rimane da rispondere alla domanda: quali sono i fattori autoecologici che determinano i criteri della sostituzione delle comunità vegetali?
In Fig.1 abbiamo ordinato gli ambienti lagunari studiati in funzione di un gradiente crescente del valor medio annuale del tasso di solfato riduzione.
In Fig.1a abbiamo aggiunto a questo ordinamento le specie vegetali dominanti (copertura maggiore del 50%).
Fig.1_ Ordinamento delle 5 lagune studiate secondo il parametro solfato-riduzione batterica dei sedimenti superficiali. Il parametro è espresso come valor medio annuale in mmoli/m-2/giorno.
Fig. 1a _ Questa figura riporta lo stesso ordinamento della fig. 1 con l’aggiunta delle specie vegetali dominanti rinvenute nell’anno dello studio.
SA/V= superficie/volume.
Per poter comprendere se anche queste sono ordinate secondo uno o più parametri caratteristici abbiamo analizzato criticamente una serie di lavori di fisiologia vegetale da cui sono emersi due modelli generali: quello basato sulle strategie di vita e quello basato sul rapporto forma/funzione.
Modello basato sulle strategie di vita
Il concetto di r e K-selezione, inizialmente proposto da MacArthur e Wilson (1967) è stato sviluppato ed ampliato da molti Autori (tra questi Grime, 1977, Southwood 1977, Silvertown 1982, Whittaker e Goodman 1979, Kausky 1988) Quest’ultimo ha proposto un modello in cui le specie di macrofite acquatiche colonizzanti i sedimenti, si possono ricondurre a 4 strategie di vita correlate alla prevedibilità e alla “severità” degli habitat (sensu Slobodkin e Saunders,1969):
- “competitive” – sono K-strateghi e tendono ad ottimizzare lo sfruttamento dell’ambiente. Le dimensioni delle popolazioni sono calibrate sulla capacità portante dell’ambiente: gli organismi sono infatti abili competitori e la competizione è appunto uno strumento di ripartizione delle risorse. Popolano ambienti caratterizzati da basso disturbo e basso stress (sensu Grime, 1977) (selezione da saturazione);
- “biomass storer” – adottano la strategia di immagazzinare nutrienti nei tessuti per poter affrontare condizioni avverse; popolano ambienti a basso disturbo ed alto stress.
- “ruderal” – popolano ambienti ad alto disturbo, basso stress.
- “stunted energies” – sopravvivono in ambiente prevalentemente sfavorevole. Occupano ambienti proibitivi per altre specie (selezione per le avversità).
Nel modello proposto da Kausky vengono collocate 20 differenti specie di macrofite acquatiche. Tra queste Zostera marina, presente a Caprolace, risulta situata tra la strategia “competitiva” e la strategia “biomass storer” (sono state studiate più popolazioni in differenti ambienti), mentre Ruppia maritima, dominante a Fogliano, risulta avere una strategia di tipo prevalentemente “ruderale”.
Thursby e Harlin (1984) hanno studiato le interazioni tra foglie e radici di R.maritima nell’assorbimento di fosfato, ammonio e nitrato ed hanno rilevato una via predominante di assunzione di nutrienti che va dalle radici alle foglie: gli Autori infatti hanno osservato che l’assunzione di fosfato ed ammonio tramite le foglie si riduce se questi nutrienti vengono forniti alle radici, mentre l’assunzione da parte delle radici non è influenzata dalla disponibilità che ne hanno le foglie. (Per l’ammonio ciò è valido finché le piante ne soffrono la carenza).
R.maritima si dimostra quindi adattata ad ambienti poco prevedibili per la sua capacità di assumere nutrienti da due comparti ambientali, la colonna d’acqua ed i sedimenti. L’interazione tra radici e foglie consente di attivare e rinforzare l’utilizzazione di nutrienti dal sedimento se questi divengono carenti nelle acque, considerando che i sedimenti sono luogo d’accumulo di nutrienti e quindi ne sono sempre riforniti.
A livello di comunità R.maritima costituisce una sorta di pompa che preleva nutrienti dai sedimenti con velocità variabili sulla base del suo fabbisogno e delle concentrazioni presenti in acqua e li reimmette nelle acque attraverso i processi di lisciviazione dei suoi tessuti, e nella rete trofica attraverso la catena di detrito e la catena di pascolo.
Studi condotti da Waisel et al. (1982) hanno dimostrato invece che specie quali Potamogeton naja, Potamogeton perfoliatus, Cymodocea spp), Myriophyllum spicatum, collocate da Kausky tra quelle adattate a migliori condizioni ambientali cioé ad ambienti favorevoli e prevedibili, ricavano la maggior parte del P, del Cl e del Na dalle acque. Resta da chiarire quale sia il vantaggio ottenuto evitando di trarre la maggior parte dei nutrienti dai sedimenti: forse una minore spesa energetica, oppure un minore rischio d’interferenza con sostanze tossiche quali l’H2S che si può formare nei sedimenti.
Negli ambienti lagunari, su scala di tempi misurabile in anni, o lungo una dimensione spaziale, si può osservare il succedersi di differenti condizioni di equilibrio caratterizzate da comunità vegetali a differente prevalenza. E’ plausibile supporre che ciò si realizzi in maniera simile ad un modello generalizzato di successione ecologica in cui le differenti comunità costituite dalle fitocenosi e dalle popolazioni che esse sostengono, intervengono per modificare ulteriormente le caratteristiche ambientali.
Applicando il modello di Kausky abbiamo ipotizzato che il processo di successione naturale di macrofite in ambiente marino e salmastro proceda secondo un modello generalizzato in cui si succedono fitocenosi funzionalmente classificate specie stunted--->ruderali--->immagazzinatori di biomassa--> competitive. All’aumentare delle condizioni d’eutrofia ci si attende un’inversione di tendenza.
E' lo stesso insediamento vegetale, nel caso delle fanerogame, a stabilizzare ulteriormente l'ambiente tamponando le sue variazioni, cioè regolarizzando il flusso d’energia e sincronizzando i circuiti dei nutrienti. In tal modo può essere favorito l'insediamento di ulteriori specie che sono più esigenti in fatto di stabilità ambientale ma competitivamente più abili, tali da ridurre e/o escludere le specie precedenti.
Proponendo questa nostra ipotesi non dimentichiamo però che gli ambienti in questione sono, come già detto, di transizione e pertanto fortemente influenzati ed indirizzati dalle variabili abiotiche del sistema (Izzo e Hull, 1991).
Il modello Superficie/Volume
La composizione biochimica, il metabolismo, i processi di crescita e di morte degli organismi vegetali acquatici sono processi fortemente dipendenti dalle loro dimensioni. Nel corso degli anni molti autori hanno studiato aspetti di questa dipendenza utilizzando, in particolare, il rapporto superficie/volume (SA/V) in quanto tale rapporto consente il confronto tra le macroalghe ed le angiosperme che non hanno una dimensione matura fissa, e le microalghe.
Odum ed altri nel 1958 hanno rilevato che l'assunzione di fosforo è direttamente correlata con la dimensione delle macroalghe. Un' analoga relazione viene riportata da Smith e Kalff (1982) per le microalghe. Alle stesse conclusioni sono giunti Rosemberg e Ramus (1984) per quanto concerne l'assunzione di azoto da parte delle macrofite acquatiche. Hein et al. (1995) utilizzando ed elaborando dati bibliografici rilevano come la cinetica dei processi di assimilazione dell' azoto sia direttamente correlata con rapporti SA/V che comprendono sia micro che macroalghe. Altri studi hanno confermato l'ipotesi che ad una maggiore velocità di assimilazione dei nutrienti si associasse una crescente attività metabolica, tra cui fotosintesi e respirazione (Bause, 1976; Markager e Sand-Jensen, 1994) e, in definitiva, una più elevata velocità di crescita e riproduzione (Nielsen e Sand-Jensen, 1990) fino a far ricondurre al rapporto SA/V la strategia di vita (sensu Grime, 1977; Littler & Littler, 1980).
In tab. 3 sono presentati i rapporti SA/V per le principali specie di produttori primari presenti negli ecosistemi salmastri da noi studiati.
I modelli forma-funzione sono stati sviluppati per sintetizzare il significato adattativo delle forma dell'organismo vegetale in relazione all’ecologia produttiva e alla sopravvivenza delle specie (Littler&Littler 1980).
Inoltre i modelli possono essere usati per comprendere e predire i pattern ecologici all’interno di una guild macroalgale e/o macrofitica. Infatti se il modello basato sulle strategie di vita è utile a spiegare il passaggio dalle fanerogame alle macroalghe può risultare insufficiente per spiegare le sostituzioni che si verificano nell’ambito della guild di macroalghe. Questo aspetto viene invece affrontato con maggiore chiarezza sulla base del valore relativo del rapporto SA/V caratteristico di ogni specie. In tal modo si evidenzia che l’ordinamento delle specie presenti in ambienti lagunari a grado di trofia via via maggiore si può porre in relazione con un crescente valore del rapporto SA/V.
In ultima analisi l’assunzione base del modello SA/V consente di utilizzare la relazione forma-funzione come indicatore per interpretare i processi di stabilità/disturbo dell'ecosistema e per identificare dinamiche di comunità senza studi demografici e tassonomici dettagliati (Odum et al. 1958; Rosemberg e Ramus 1984; Hanisak ed altri, 1988; Nilsen e Sand-Jensen, 1990).
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Classificazione sulla base |
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Sa/V (x100) |
delle strategie |
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m2/m3 |
di vita ( L.Kautsky, 1988; R.H.Mac Arthur & |
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E.O.Wilson, 1967 ) |
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Zostera sp.** |
> 3 |
Competitiva/ biomass storer - k |
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Ruppia sp.** |
4 |
Ruderale |
|
Gracilaria sp.^ |
28 |
r |
|
Chaetomorpha sp.* |
226 |
r |
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Ulva sp.* |
292/493 |
r |
|
Cladophora sp.* |
569 |
r |
|
Chlorella sp.** |
>3000 |
r |
|
Batteri **(sulphuretum) |
>30000 |
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^ G. Rosenberg & J.Ramus , 1984 |
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* S.L.Nielsen & K. Sand-Jensen, 1990 |
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** Calcolati |
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Tab.3 _ Classificazione delle specie fotosintetiche dominanti nelle lagune studiate secondo il modello di Kautsky e di Hein. SA/V= Superficie/Volume, k = k strategia; r= r strategia.
Conclusioni
Dal nostro studio risulta che l’aumento della trofia negli ecosistemi lagunari è da porre in relazione con il rischio di distrofia sulla base della soglia di recettività propria di ciascun ecosistema. La soglia definisce il confine tra i feedback negativi che neutralizzano le deviazioni del sistema ed i feedback positivi che lo conducono attraverso le distrofie a nuove condizioni di stabilità ecologica caratterizzate da comunità vegetali a differente dominanza e ad una struttura di comunità meno complessa. La soglia può essere abbassata o innalzata da fattori abiotici, quali quelli meteoclimatici.
L’attività di denitrificazione, ad esempio, può essere considerato un feedback negativo, in quanto neutralizza la deviazione scaricando azoto dal sistema, mentre la solfato riduzione è il caratteristico feedback positivo che attraverso la produzione di H2S genera stress sull’ecosistema e, in condizioni estreme, conduce agli eventi distrofici. Questi sono necessari per indurre gli shift delle comunità osservati. Il parametro SA/V sembra essere il principale descrittore funzionale e strutturale delle specie che si affermano. Questo modello generalizzato di sostituzioni, viene peraltro confermato da ciò che si è verificato dal 1975 al 1994 nella laguna di Orbetello (Lenzi e Mattei, 1998) prima che venissero realizzati gli interventi di risanamento.
Permane un dubbio: secondo Hein et al. (1995) un maggior rapporto SA/V caratterizza una più alta capacità di uptake dei nutrienti ed una più rapida capacità di crescita, e quindi dovrebbe individuare una maggiore disponibilità dei nutrienti dopo ogni distrofia estiva, quando si verifica lo shift delle comunità; nella realtà ciò non è sempre dimostrabile. E’ possibile che sia determinante anche una maggiore resistenza all’H2S delle “nuove” comunità? Purtroppo in mancanza di studi specifici su tale argomento l’interrogativo rimane irrisolto.
In definitiva i due parametri da noi considerati:
- attività di solfato-riduzione batterica dei sedimenti;
- caratteristiche morfo-funzionali dei produttori primari dominanti nel sistema;
possono essere utilizzati quali indicatori funzionali dello stato trofico degli ambienti lagunari. Inoltre questo studio pone le basi per la successiva organizzazione di un indice trofico per la valutazione della qualità degli ambienti salmastri semiconfinati.
Izzo Giulio*, Massini Giulia*, Signorini Antonella*, Silvestri Cecilia*, Allegro Amedeo*
ENEA, Dipartimento Ambiente – Roma (Casaccia)
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