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Franco Andaloro - Effetti del cambiamento climatico sulla biodiversità dei mari italiani

La diversità biologica interspecifica dei mari italiani, per la loro posizione geografica che li vede al centro del Mediterraneo, tra il bacino orientale  e quello occidentale, è influenzata, per certi versi più che in altri mari, dagli effetti diretti ed indiretti del cambiamento climatico.

Gli effetti diretti più rilevanti del riscaldamento globale nei mari italiani sono due:

  • Il fenomeno della meridionalizzazione ovvero l’ampliamento dell’area di distribuzione di alcune specie ittiche indigene termofile e/o l’incremento della loro biomassa, spesso a discapito di risorse tradizionali con conseguenze apprezzabili sulle attività di pesca. E’ questo il caso, tra gli altri, del pesce pappagallo (Sparisoma cretense), del pesce balestra (Balistes capriscus), della ricciola bastarda (Caranx crysos), del barracuda (Sphyraena viridensis), dell’aguglia imperiale (Tetrapturus spp.), del mangia meduse (Schedophilus medusofagus) e della leccia stella (Trachinotus ovatus). La dimensione del fenomeno è tale incidere sul mercato nelle aree dove queste specie sono presenti.
  • Il fenomeno della tropicalizzazione del Mediterraneo, si manifesta con la crescente presenza di specie non indigene (NIS), di affinità subtropicale e tropicale, che negli ultimi anni tendono ad insediarsi in comunità stabili. Il fenomeno, che è amplificato dall’introduzione volontaria ed involontaria di specie non indigene, è dovuto soprattutto, per quanto riguarda le specie ittiche, alla penetrazione di specie atlantiche attraverso lo Stretto di Gibilterra ed indopacifiche attraverso il Canale di Suez.  43 NIS ittiche sono state trovate sino ad oggi nei mari italiani sulle 148 ritrovate in Mediterraneo. Sino ad oggi, nessuna di queste ha, salvo casi occasionali, rilevanza commerciale per la pesca italiana né sembra, al momento competere con specie ittiche locali. La presenza di specie ittiche non indigene, monitorate dal progetto “specie non indigene nei mari italiani” del Ministero dell’Ambiente condotto dall’ISPRA, ha sino ad oggi un impatto irrilevante sulla economia ittica nazionale, anche se l’avvicinamento della specie dalle carni tossiche, il capolepre indopacifico Lagocephalus scelleratus già catturata nei mari greci indurrebbe a promuovere una campagna di informazione per i pescatori italiani. Sono invece i NIS vegetali che stanno creando seri problemi alla pesca artigianale, in particolare nella costa sud orientale della Sicilia, si tratta delle alghe invasive Caulerpa racemosa e Caulerpa taxipholia che creano danni al settore sia, intasando e rendendone difficile l’utilizzazione delle reti da posta, sia modificando le biocenosi delle aree invase, con conseguenze sulla biodiversità.

Gli effetti indiretti del riscaldamento del mare sono numerosi, alcuni dei quali ancora non sono perfettamente definiti:

 

  • effetti relativi al cambiamento delle correnti che, modificando il trasporto dei nutrienti dal bacino orientale influenza fortemente la produzione primaria quindi la produzione di fitoplancton e di zooplancton con serie conseguenze sull’abbondanza della sardina e dello sgombro nello Stretto di Sicilia e su tutta la catena alimentare dell’area e favoriscono lo spread di uova e larve di specie indigene e non indigene dal bacino di levante;
  • il riscaldamento e la modificazione della piovosità, che ha modificato l’apporto fluviale stagionale di acqua dolce in mare, possono sia essere una concausa dell’esplosione di gel plancton avvenuta nei mari italiani nel corso del 2008 e del 2009 che ha, con ogni probabilità, giocato, attraverso l’impatto delle meduse sulle uova e larve di pesce, un effetto sull’intera catena alimentare pelagica, sia avere correlazioni anche con il replicarsi, sin da dal 1990, della presenza di aggregati gelatinosi nei mari meridionali che ha, come in Sicilia, gravi conseguenze sull’attività di pesca condizionandone sino a fermarla l’attività anche per lunghi periodi;
  • conseguenze indirette del cambiamento climatico sulla pesca sono anche legate all’acidificazione del mare che può portare ad una sofferenza delle specie a guscio o esoscheletro calcareo come, per esempio, i ricci di mare;
  • Il riscaldamento del mare può anche causare fenomeni di asincronismo nell’ecologia di alcune specie marine, ovvero la modificazione del periodo riproduttivo con alterazione del loro ruolo nella rete trofica e conseguente riduzione dell’aspettativa di vita dei giovanili come nel caso della ricciola e del pesce pilota passati, negli ultimi anni, da un rapporto di commensalità ad uno di predazione.

Nell’ambito dell’applicazione dei dettati dell’IPCC e dell’Unione Europea è necessario sviluppare tempestivamente, sia livello di Paese che di bacino, strategie per la prevenzione, la mitigazione e l’adattamento degli effetti del cambiamento climatico, compresa la perdita di biodiversità che rappresenta una minaccia non solo per l’ambiente ma anche per la cultura, l’economia e la salute.

Franco Andaloro – dirigente di ricerca ISPRA