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Federica Pannacciulli - “Gli ambienti portuali e la biodiversità genetica”

L’incessante crescita del commercio e del turismo marittimo determina la continua occupazione delle coste da parte dell’uomo. La costruzione e l’espansione delle aree portuali ne è una diretta conseguenza. L’ambiente che ne deriva è fortemente alterato nella sua struttura e composizione chimica, fisica e biologica, per gli effetti dell’azione antropica sull'equilibrio delle interazioni ecologiche dell’ecosistema.

L’area portuale, costruita in modo da proteggere la zona interna di ormeggio, limita lo scambio delle acque tra zone interne ed esterne e promuove l’isolamento degli organismi che la colonizzano. In contrasto, il traffico marittimo altera il flusso genico in molte specie grazie al trasporto passivo di organismi sulle chiglie delle navi o nelle acque di sentina. I natanti, infatti, sono stati identificati come uno dei più importanti vettori nella traslocazione di organismi (trasporto passivo) da una regione all'altra, così rendendo i porti siti chiave per l’introduzione di specie aliene.

Le comunità portuali sono formate da specie marine con vari gradi di opportunismo, che reagiscono ai differenti tipi di inquinamento sulla base del loro grado di adattabilità e della loro capacità di sviluppare sistemi di detossificazione. L’acquisizione della resistenza agli inquinanti può avere un effetto negativo sulla fitness, così limitando il tasso di crescita e le capacità riproduttive degli organismi. La tolleranza ai contaminanti si sviluppa anche attraverso meccanismi genetici che comportano la possibile perdita e/o alterazione della variabilità genetica che in casi estremi possono portare al declino del potenziale evolutivo delle specie.

Gli studi sulla diversità genetica in ambiente portuale, oltre ad avere una loro intrinseca rilevanza scientifica, rivestono un interesse particolare alla luce della sempre maggiore attenzione prestata alla protezione della biodiversità a livello europeo e del progressivo sviluppo del traffico marittimo commerciale e da diporto.

In questo contesto il Laboratorio di Ecologia Molecolare dell’ENEA di S. Teresa (SP) in collaborazione con l’Unità di Biologia Marina dell’Università di Pisa, ha recentemente avviato un progetto sullo studio della diversità genetica, la componente di base della biodiversità, in vari porti italiani. A questo scopo sono state selezionate tre specie modello tipiche del fouling di ambiente portuale: il crostaceo cirripede Amphibalanus amphitrite, il polichete serpulide Hydroides elegans e il tunicato ascidiaceo Styela plicata. Le tre specie bersaglio sono state campionate in 15 porti italiani e, dopo aver messo a punto i protocolli di estrazione del DNA genomico dai tre organismi, si è proceduto ad estrarre il DNA dagli individui raccolti. Le analisi molecolari, attualmente in corso, stanno saggiando i marcatori molecolari più adatti a rilevare eventuali alterazioni della variabilità genetica. L’attenzione si è focalizzata su due tipi di marcatori: i DNA-ISSR (DNA Inter-Simple Sequence Repeats), adatti ad indagare la variabilità genetica delle popolazioni, e le sequenze della regione del DNA mitocondriale codificante per la subunità I della Citocromo Ossidasi. Questo secondo marcatore permette di investigare anche gli aspetti di demografia storica delle specie bersaglio. Tramite le analisi genetiche ci attendiamo di evidenziare un isolamento fra organismi provenienti da porti diversi, dovuto al ridotto flusso genico favorito dalla ritenzione larvale comune in ambiente portuale. A questo si potrà contrapporre il trasporto passivo degli organismi mediato da navi, soprattutto sulle rotte maggiormente trafficate, che ci permetterà di comprendere l’effettivo grado di isolamento delle popolazioni portuali.

Studi di questo tipo possono fornire informazioni utili per il conoscimento, la salvaguardia e la gestione della biodiversità in ambiente portuale ed agli effetti degli inquinanti sugli organismi marini. Le conclusioni tratte sugli ambienti portuali possono essere in parte estese alle problematiche che riguardano la frammentazione dell’habitat e risultare utili per la formulazione di linee guida per una gestione sostenibile della biodiversità.

Le specie bersaglio: il crostaceo cirripede Amphibalanus amphitrite, il polichete serpulide Hydroides elegans e il tunicato ascidiaceo Styela plicata.

 

Federica G. Pannacciulli - ENEA – Centro Ricerche Ambiente Marino - S. Teresa - La Spezia

Il presente lavoro è stato svolto in collaborazione con F. Maltagliati e A. Castelli (Unità di Biologia Marina e Ecologia, Università di Pisa) e L. Lupi (ENEA - Centro Ricerche Ambiente Marino - S. Teresa, La Spezia).