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Daniela Addis - “Blue economy: la nuova frontiera per la tutela dell’ambiente marino e lo sviluppo sostenibile delle aree marino-costiere.”

Nell’ambito di questa Tavola Rotonda affronteremo il tema della Blue economy quale nuova frontiera per la tutela dell’ambiente marino e lo sviluppo sostenibile delle aree marino-costiere e quindi le sfide che la Blue Economy pone anche nel Mediterraneo.

Ci siamo infine accorti dell’enorme importanza che ricoprono i nostri mari, o, volendo usare un’unica parola, l’Oceano.

Ricordiamo che il nostro pianeta è coperto d'acqua per più del 70% e il 95% di questa è salata, tanto da doversi definire più correttamente “Pianeta mare”.

Nell'oceano abita l'80% delle specie viventi. È quindi l'habitat più esteso del nostro pianeta; produce il 50% dell'ossigeno che respiriamo e assorbe il 30% dell'anidride carbonica.

Per la sua crescente riconosciuta importanza, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2021 – 2030 il Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile, iniziativa che punta a mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica.

Sappiamo che a livello mondiale l'economia basata sui settori marini è considerata una nuova frontiera per lo sviluppo economico e che il PIL ad esso legato potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare nel decennio 2020-2030.

Questa tendenza potrebbe rivelarsi simile anche nella regione mediterranea a causa dell'importanza rivestita da settori economici quali il turismo, le risorse energetiche e le risorse marine, compresa la pesca.

Ancora: il 90% del commercio globale è effettuato sul mare e previsto raddoppiare entro il 2030; inoltre, l'intera industria   marittima   mondiale,   con   oltre 11.000   Milioni   di tonnellate di merci trasportate da oltre 90.000 navi, è altamente regolamentata sia per le merci che per i passeggeri e continua a fare investimenti sostanziali per ridurre il suo impatto ambientale e quindi per la sostenibilità del settore.

Ma perché parliamo di ECONOMIA BLUE? Fu l’economista belga Gunter Pauli a parlarne per la prima volta nel suo libro The Blue Economy: 10 years, 100 Innovations. 100 Million Jobs - dedicato alla creazione di un modello, di un sistema economico sostenibile attraverso l’innovazione tecnologica, basato sul principio cardine “usa ciò che hai”.

L’obiettivo dell’economia blu è di arrivare ad emissioni zero di CO2; nonché, grazie alle innovazioni in tutti i settori dell’economia che utilizzano sostanze già presenti in natura, di effettuare minori investimenti, creare più posti di lavoro e conseguire un ricavo maggiore.

L’economia blu si basa quindi sull’innovazione tecnologica e il riuso delle risorse presenti attraverso lo sviluppo di principi fisici. Utilizza per esempio tecniche scientifiche come la biomimesi, un settore ancora poco conosciuto che si fonda sullo studio del funzionamento della natura, dove nulla è sprecato e tutto viene riutilizzato in un processo che trasforma i rifiuti in materie prime, e sull’imitazione delle caratteristiche e delle soluzioni delle specie viventi, per trovare nuove tecniche di produzione e migliorare quelle già esistenti.

La Blue Economy propone dunque nuove soluzioni per le attività legate agli oceani: la pesca, l’acquacoltura, l’industria della trasformazione alimentare, la cantieristica e i servizi connessi alla nautica da diporto, il turismo costiero e le attività estrattive.

Un potenziale enorme, per il quale la Commissione europea ha intenzione di destinare 6,14 miliardi di euro nel bilancio UE 2021-2027.

Per l’Italia diventa ancora più importante dopo l’adozione della recentissima legge n. 91 del 14 giugno 2021, che autorizza l'istituzione della Zona Economica Esclusiva italiana, provvedimento che segna per il nostro Paese un cambio di atteggiamento nei riguardi dell'esercizio della sovranità economica oltre il limite esterno del mare territoriale di 12 miglia ampliandolo fino ad un massimo di 200 miglia nautiche e al di là del regime della piattaforma continentale.

L’oramai sempre citato PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, potrà garantire i giusti finanziamenti, pur fondandosi sul presupposto di un enorme prestito concessoci dall’Unione Europea.

Timeo Danaos et dona ferentes: temo i danai (i greci) anche quando portano doni: non possiamo che domandarci cosa implicherà questo prestito che è stato prefigurato quasi come un dono, quale prezzo per la nostra economia a scapito probabilmente dell’ambiente.

Dobbiamo inoltre chiederci se ci stiamo veramente dirigendo verso uno sviluppo sostenibile delle nostre attività economiche, quale unica strada che abbiamo per mettere al sicuro il nostro futuro e quello delle generazioni che verranno.

E’ notizia di questi giorni la Decisione del Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite che ha infine riconosciuto come diritto umano il diritto ad un ambiente pulito, sano e sostenibile.

Come diceva Don Chisciotte al fedele Sancho, “cambiare il mondo non è né follia né utopia, ma soltanto giustizia”.

E ciò che ci auguriamo.

 

Avv. Daniela Addis - Studio Legale Ambiente & Mare - Direttivo di Mareamico