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Carlo Pretti - I farmaci e l’acquacoltura: necessità d’uso, sicurezza del consumatore ed impatto ambientale

FAO ed OMS sono concordi nell'affermare che l’allevamento remunerativo di qualsiasi specie animale non può prescindere dall'impiego di farmaci. Anche l’acquacoltura moderna, che è una attività zootecnica a tutti gli effetti, non può sottrarsi dall'impiego di sostanze che aiutino l’allevatore a fronteggiare le differenti emergenze sanitarie.

Dal punto di vista emotivo, nella percezione del consumatore, il pesce allevato soffre di due aspetti che lo pongono in situazione di svantaggio rispetto alle specie terrestri comunemente allevate: a) c’è la supposizione che i pesci non debbano ammalarsi (niente di più sbagliato del detto “sano come un pesce!” b) il pesce allevato, al contrario delle specie terrestri, ha la concorrenza del “selvatico” proveniente dalla pesca professionale, ritenuto più salubre: a nessuno verrebbe mai in mente di chiedere al proprio macellaio una bistecca di bovino “selvaggio”!

La conoscenza e l’educazione del consumatore nei riguardi delle problematiche relative ai meccanismi che regolano la pratica acquacolturale potrebbero dare un contributo positivo in termini di tranquillità nell'approccio al prodotto “pesce allevato”.

Le patologie batteriche unitamente a quelle parassitarie rappresentano i maggiori rischi sanitari sia per l’acquacoltura d’acqua dolce che marina, provocando notevoli mortalità e conseguente perdita economica.

Qualora non sia possibile intervenire con una profilassi vaccinale, si rende necessario l’impiego di farmaci, a seguito di una corretta e tempestiva diagnosi.

Il farmaco veterinario deve rispondere a 4 requisiti fondamentali: 1) deve essere di comprovata efficacia 2) deve essere sicuro per la specie bersaglio 3) deve essere sicuro per il consumatore 4) deve essere compatibile con l’ambiente ricevente: la registrazione deve quindi essere supportata da studi di impatto ambientale nelle differenti condizioni d’uso.

Di recente, negli allevamenti ittici europei sono comparse nuove setticemie batteriche, di difficile terapia per l'assenza di molecole efficaci ammesse dalla legislazione, rendendo quindi evidente la necessità di registrazione di molecole moderne ed efficaci. Risulta inoltre addirittura controproducente, in particolare nell'antibiotico-terapia, l’eccessiva chiusura del ventaglio terapeutico a disposizione del veterinario, in quanto possibili fenomeni di antibiotico-resistenza sono essenzialmente imputabili al reiterato impiego nel tempo delle stesse molecole (es. tetracicline e flumechina).

Nell'Unione Europea le categorie di principi attivi autorizzati per os in gran parte degli Stati membri comprendono beta-lattamine (amoxicillina), tetracicline (ossitetraciclina), sulfamidici (sulfa-trimetoprim) e chinoloni (flumechina, acido ossolinico, sarafloxacina)

Citando un caso recente, in Europa meridionale, e soprattutto in Italia, siamo di fronte ad una totale assenza di molecole antibiotiche registrate per la terapia della lattococcosi, malattia batterica che incide drasticamente sul decremento della produzione annua di trote: l’antibiotico d’elezione contro i germi Gram positivi, l’eritromicina, non è infatti registrato.

In questi casi, per ovviare alla carenza normativa ed assicurare ai pesci allevati un adeguato benessere, è tuttavia possibile ricorrere alla ricetta veterinaria in deroga, con imposizione di un tempo di sospensione dei trattamenti prima della commercializzazione minimo di 500 gradi giorno (giorni=500/temperatura dell’acqua).

Un altro problema particolarmente sentito riguarda la totale assenza di molecole registrate per la disinfezione a scopo profilattico o la terapia delle malattie batteriche esterne e delle ectoparassitosi.
Alcune delle sostanze più efficaci (cloramina, ammoni quaternari, solfato di rame, formalina) non determinano accumulo di residui pericolosi nei pesci, ma possono avere un impatto ambientale non trascurabile se maldestramente somministrati. Per tale motivo in gran parte dei Paesi Europei non sono ufficialmente autorizzati, pur essendone ufficiosamente tollerato l'impiego.

E’ quindi auspicabile che anche questo problema venga affrontato in modo organico, con studi che tengano conto, sempre nelle condizioni d’uso, della sicurezza del consumatore e della qualità ecologica degli ambienti riceventi.

 

Carlo Pretti

Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi ed Igiene degli Alimenti –Laboratorio di Zoologia

Università di Pisa

Viale delle Piagge 2 56124 Pisa – Italy

Tel. +390502216947 – Fax +390502216941 – email: cpretti@vet.unipi.it