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Salvatore Troisi - Spunti  per una moderna gestione  delle  falde acquifere costiere

La nostra società è caratterizzata da una ipertrofia tecnologica che sempre più caratterizza gli strumenti  di gestione di falde acquifere costiere di cui spesso sono noti solo in modo approssimato i punti di prelievo,le modalità di estrazione e quindi la variazione sul suo gradiente salino. In questo contesto la misura dell’affidabilità delle scelte, in un prefissato ambito spazio temporale, è un’ottima verifica.

Per  poterla ottenere bisogna partire dalla peculiarità delle risorse idriche sotterranee :sono corpi idrici naturali non visibili  direttamente, ma  la cui conoscenza è mediata attraverso procedure matematiche sempre più sofisticate.

 La loro  caratterizzazione  avviene attraverso misure di campo con  strumenti digitali avanzati che forniscono una distribuzione virtuale dei  diversi parametri idrodispersivi. Di questi dati si prendono in considerazione solo quelli collegati agli obiettivi prefissati dalla gestione, con i quali è possibile  costruire un modello fenomenologico di un determinato acquifero costiero soggetto ad intrusione  salina.

 Quest’ultimo diventa   il principale strumento di riferimento a disposizione dei decisori della gestione delle risorse idriche di  falde costiere .E’ un modello virtuale che, opportunamente matematizzato, condiziona la scelta  del corrispondente modello matematico che diventa   il principale strumento di riferimento a disposizione dei decisori della gestione delle risorse idriche di  falde costiere-La sua  affidabilità dipende dalla riduzione di alcuni rischi.

Innanzitutto occorre tener conto che  eventuali scelte inopportune del modello fenomenologico e del modello di previsione,non sono rilevabili subito, ma  nel tempo. La conseguenza è che diventa difficile risalire alle cause che hanno determinato eventuali  anomalie nella gestione delle risorse idriche sotterranee, in quanto possono essere mascherate da cause esterne al sistema,  di difficile individuazione.

In sostanza c’è il rischio, che Gianfranco Dioguardi chiama  delega tecnologica che rimanda all’affermazione: “la specializzazione è necessaria ma non sufficiente”.

Un altro rischio  è collegato al sempre più esiguo numero di persone disponibili ad andare in campagna per misure in situ. Cosi ci si  può trovare nella  pericolosa dicotomia : tu mi dai i dati ed io ti faccio il modello. L’interdisciplinarietà non si poggia più  sulle relazioni personali che permettono di avviare un dialogo tra esperti di diverse discipline,  ma si riduce ad un semplice transfert di numeri.

Il trascurare questi rischi può far  dimenticare che l’affidabilità delle  indicazioni  fornite dal modello di previsione  non dipende  automaticamente dal miglioramento del suo  approccio matematico.

Invece è utile domandarsi  come è stata scelta per es. la permeabilità e quindi il modello fenomenologico se l’ acquifero specifico è carsico o fratturato, o  fessurato, o poroso anisotropo  ed eterogeneo? Per rispondere a questa domanda ci può venire in aiuto   l’approccio bayesiano, a cui si rimanda, .che ci permette di verificare la misura dell’attendibilità del modello fenomenologico,

Un altro aiuto per  individuare l’affidabilità delle scelte fatte è scoprire l’aspetto positivo del limite nell’uso della tecnologia disponibile.

Del resto, non si dice niente di nuovo. Gli antichi ci hanno tramandato  la leggenda di Icaro, che tutti conosciamo. Icaro costruì due ottime ali legando piume di uccelli con  la cera  e  riuscì a volare, perfetto esempio di buon uso della tecnica,  ma, racconta la leggenda, Icaro decise di arrivare  sul sole , superando il limite dell’ambito ottimale in cui la cera può continuare a fare da legante, questa si sciolse e lui  precipitò al suolo.

In sostanza si tratta di prendere atto che per la gestione delle risorse idriche di acquiferi costieri non basta il saper fare, occorre, proprio per la diversità di qualità di  informazioni  utili, saper coniugare tradizione ed innovazione, memoria e futuro. Per acquisire questa attitudine non basta la competenza specialistica del saper fare, ma occorrono  capacità umane, che alcuni chiamano saper essere.

Quando si prende una decisone è opportuno approfondire  non solo come realizzarla, saper fare, ma  anche il perché, le conseguenze di tali scelte in tutte le risorse idriche sotterranee dell’area in esame, entro  un prefissato ambito  spazio-temporale.

Per questo  può essere utile un esempio proposto  da Alfio Quarteroni (Corriere della Sera Innovazione 31.5.2019)   “ Immaginate di essere sotto il melo (anche se è un apocrifo) del grande Newton .Davanti a voi siede Mister Intelligenza artificiale : due mele cadono. Una sulla vostra testa un’altra sul cervello artificiale della macchina che vi guarda. Capita la stessa cosa? NO, perché la macchina saprà analizzare molto meglio di noi la traiettoria della mela, le informazioni di quella singola caduta ,ma non potrà trarre una legge universale, come fece Newton.”.

D’altro canto c’è un legame, troppo spesso rimasto sopito, tra competenze specialistiche e capacità umane , ce lo ricorda Giambattista Torellò (G.Torellò, Impazziti di luce,Ares 2017): “Non esiste l’uomo puro scienziato, puro medico, puro esteta, puro pratico, puro sociologo: ogni specializzazione  affonda le sue radici nell’uomo così com’è […] Non esiste  alcuna realtà empirica pura, né esistono fatti nudi e crudi, poiché  anche le più semplici deduzioni,i più modesti esperimenti o rilevamenti delle scienze naturali si basano su una serie di valutazioni mentali prescientifiche e su una determinata interpretazione del mondo, dell’uomo, della salute, della felicità, del dolore, e così via”

  Quindi la risorsa a cui far appello per ridurre   le distorsioni prodotte dall’ipertrofia tecnologicaè  sviluppare  le qualità umane . In caso contrario ci si troverà  nelle condizioni ricordate da Gilbert Chesterton:  “Gli uomini possono ormai risparmiarsi la fatica di  cambiare le condizioni di vita: saranno le condizioni di vita  a cambiare gli uomini. Si può infatti rimpicciolire una testa a colpi di martello perché si adatti al cappello”(G.Torellòo,c.).

SALVATORE TROISI, già ordinario di Idrologia sotterranea, Facoltà d’Ingegneria ,Unical, salvatore.troisi@fastwebnet.it