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Nicola Russo - Il mare, non-luogo di memorie

È difficile dire se quella dell’orizzonte è una linea che separa o unisce i mondi dell’aria e delle acque ma sicuramente essa resta irraggiungibile per chi vive tenendo i piedi saldamente ancorati alla terra.

Il mare è innanzitutto una categoria dello spirito. Sebbene la scienza abbia convertito la geografia del mare in oceanografia, nonostante la conoscenza abbia demolito i suoi miti e le sue leggende, il mare resta ancora il luogo per eccellenza del mistero e dell’ignoto, paradigma dell’esistenza umana.

Esso è piuttosto un non-luogo, popolato di memorie millenarie.

«Chi dice che l’acqua non ha memoria? Fermatevi ad ascoltarne la voce.

 

Ogni singola goccia racconta sempre la stessa, antichissima storia.

La spinge la risacca, la soffia il vento, la sostiene un canto leggero che va di monte in monte, rivelandone l’esatta natura.

La storia della vita è scritta in ogni minuta molecola. Apritela con delicatezza, come se fosse un foglio ripiegato più e più volte su se stesso, e potrete leggerne i segreti.

Si posa su rami e foglie, cade lieve se l’albero è scosso da improvvisi sussulti, scivola e repentinamente svanisce.

Ama parlare con voce argentina, mescolarsi con le note dei tuoni durante il temporale, rimbalzare e rotolare, descrivendo agili capriole.

L’acqua che precipita dal cielo ha già in sé il colore blu del mare. L’acqua gioca con i propri ricordi».

 

Chi ne subisce le malie non ha bisogno di coordinate, di longitudini e di latitudini, per affrontarne la navigazione. Anche se è lontano, continua a solcarlo, con lo sguardo fisso all’orizzonte, percependone gli abissi inesplorati. 

Il mare esiste in questo modo nel nostro animo: una presenza costante, nostalgica e densa di richiami, apparentemente sopita ma segretamente viva come un presentimento di accadimenti e di infinite storie.   

Mareamico per la prima volta dedica un’intera sessione al mare come portatore di cultura e ritengo che sia giusto in questa occasione proporre un metodo o, per meglio dire, una rotta che avvicini la vocazione prevalentemente scientifica e tecnologica dell’associazione alle suggestioni poetiche, psicologiche e letterarie evocate dal mare.

Però il percorso che vorrei proporre è di trovare alla cultura un posto che non sia solo grazioso o illustrativo bensì una collocazione che sia utile.

La cultura è utile ed è anche necessaria, così come la cura dell’ambiente, perché danno un contributo fondamentale alla possibilità di immaginare e di sognare il futuro.

Nella sua ultima opera, The prelude, il poeta romantico inglese Wondsworth descrive un sogno: egli vede un cavaliere beduino che fugge nel deserto, inseguito dalle acque del diluvio universale,  un cataclisma che sta per distruggere la terra. Egli ha il compito di salvare due tesori: una pietra e una conchiglia. La pietra è la verità geometrica Euclidea e rappresenta la scienza, la conchiglia è la verità poetica ed è la verità costruita attraverso la passione.

 

«…portava una lancia, e sotto un braccio una pietra, e nella mano opposta una conchiglia di uno splendore insuperabile ... l'arabo mi disse che la pietra era "Elementi di Euclide", e "questo", disse, "vale qualcosa di più"; e alla parola stese la conchiglia, così bella di forma, di colore così risplendente, con comando che me la tenessi all'orecchio. Feci così, e udii quell'istante in una lingua sconosciuta, che tuttavia comprendevo, suoni articolati, un forte soffio profetico di armonia; Un'Ode, pronunciata con passione, che preannunciava la distruzione ai figli della terra per il diluvio, ora imminente. Il canto era appena cessato, che l'arabo con sguardo calmo dichiarò che sarebbe avvenuto tutto ciò che la voce aveva preannunciato, e che egli stesso andava poi a seppellire quei due libri: quello che conosceva le stelle, e si univa anima ad anima nel più puro vincolo della ragione, indisturbato dallo spazio o dal tempo; L'altro che era un dio, anzi  molti dei, aveva voci più di tutti i venti, con il potere di esaltare lo spirito e di lenire, attraverso ogni clima, il cuore del genere umano». 

Da medico io penso che solo la scienza possa garantire un futuro di sopravvivenza all’umanità ma da uomo penso che l’esistenza di un individuo non sia stata degna se egli non ha aperto lo scrigno dell’altro tesoro, quello rappresentato dalla conchiglia.

Il poeta romantico per rappresentare la poesia sceglie un oggetto del mare, un luogo che sa essere pericoloso e minaccioso quando è tumultuoso ma che contrapposto all’aridità della scienza rappresentata dalla pietra offre spazio alle passioni e all’espressione dell’individuo. Infatti è stata la conchiglia a svelare al beduino quelle cose terribili sul futuro dell’Umanità e non la pietra.

Wondsworth è uomo dei suoi tempi. Oggi non è possibile contrapporre i due mondi ma è necessario che siano permeabili l’uno all’altro, che l’uno giustifichi l’altro.

Le coordinate della rotta da tracciare sono quelle universali di chi va per mare: conoscenza, competenza, capacità, curiosità, adattabilità, sensibilità, coraggio. Ma soprattutto ritengo che chi affronta il mare ha lo sguardo rivolto a ciò che ancora non è, ovvero al futuro.

La storia dell’umanità ci ha consegnato figure poliedriche. I filosofi greci non erano solo pensatori ma uomini di scienza. I geni del rinascimento italiano sono stati artisti ma anche architetti e ingegneri.

La nascita della scienza moderna ha separato questi campi che si sono progressivamente allontanati. Ma oggi, di fronte agli straordinari progressi della scienza, è indispensabile ricomporre questa frattura.

Il nostro futuro deve essere ideato, progettato, immaginato, pensato e sognato. Per farlo occorre l’apporto di varie figure che non operino in maniera isolata ma si integrino e si completino, riproducendo il modello del genio rinascimentale: lo scienziato, lo scrittore, il poeta, l’insegnante, lo psicologo, il filosofo, il tecnico.

La poesia ci offre altri esempi. Ungaretti scrisse “Porto sepolto” sull’onda di una suggestione, la leggenda circa l’esistenza di un antico porto precedente la fondazione della città di Alessandria d’Egitto.

«Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto»

Il poeta è l’uomo che si immerge nel profondo dell’animo per portare alla luce semi che il vento disperderà nel mondo. Ma nulla vi è di definito o di intellegibile nei versi che egli ne trae perché l’animo dell’uomo è tale: misterioso e inesauribile.

Non vi è molta distanza, ritengo, dalla definizione che possiamo dare del mare e, nel rileggerla, mi è sembrato di percepire le emozioni degli scienziati che per la prima volta hanno affrontato le profondità marine a bordo di un batiscafo.

La poesia di Ungaretti offre un’altra possibile lettura: il Porto sepolto da lui immaginato esiste realmente. I lavori per la costruzione della stazione della metropolitana di piazza Municipio a Napoli hanno riportato alla luce l’antico porto romano che diventerà uno dei più grandi musei archeologici del mondo. Guardiamo insieme le immagini. In fin dei conti cosa sono? Pezzi di legno, cocci, pietre. Il loro valore commerciale è di pochi euro. Ma che cosa risvegliano in noi e perché è importante ricomporli ed esporli? Che sentimento suscitano, che cosa rievocano?

Bisogna riconoscere la peculiarità di un’opera di ingegneria e di architettura che incrocia la storia, che costruisce una stazione di un mezzo di trasporto a poca distanza da un porto moderno e porta alla luce ciò che questo porto era secoli e secoli fa, quasi nello stesso luogo, risvegliando e riportando in vita le esperienze di chi ci ha preceduto?

Queste pietre e questi cocci, questi pezzi di legno incrociano il presente e gli danno uno spessore e una profondità. Gli conferiscono un senso che va al di là della mera impresa tecnologica.

La cultura entra nelle cose che facciamo, nelle imprese che realizziamo perché conferisce loro un’identità. Occorre interrogarsi sul senso e sul valore di un’impresa scientifica e tecnologica. Gli antichi Romani erano formidabili ingegneri. Nel medioevo le strade che avevano realizzato incutevano rispetto in chi ne usufruiva, tanto da essere definite le strade dei giganti. Eppure subirono il fascino della cultura greca perché offriva loro ciò di cui sentivano bisogno: opere di raffinata bellezza ma anche la capacità di interrogarsi sulla vita, cogliendo la pienezza del bene e del male che racchiude.

 «Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d'onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d'alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l'alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l'insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore».
  

Lo sguardo dell’Ulisse di Umberto Saba è quello di ogni navigante che, attratto dall'ignoto, lascia la sicurezza del porto illuminato.

Cosa succederà se il progetto dovesse fallire? La vicenda umana è una storia di sfide non sempre vinte, di successi ma anche di sconfitte e di fallimenti, di compromessi e di rinunce. Anche in questo caso il mare ci soccorre, con l’immagine simbolica del naufragio.

Joseph Conrad in lord Jim ritrae la figura dell’uomo occidentale per eccellenza, predestinato ad essere eroe. Eppure Jim si lascia invischiare in storie e comportamenti loschi e infami, in quelli che Annamaria Ortese descriveva come una caduta nei sentieri da poco della vita. Ecco rappresentato il momento in cui l’equipaggio dei bianchi si mette in salvo su una scialuppa, abbandonando la nave in procinto di affondare e i pellegrini arabi al loro destino. Sono due voci, una descrive e l’altra commenta:

 «…dopo che le luci della nave scomparvero, poteva accadere qualsiasi cosa su quella scialuppa, qualsiasi cosa al mondo, e il mondo non se ne sarebbe minimamente accorto. Lo sentivo e me ne compiacevo. E il buio non mancava, inoltre. Eravamo come uomini murati in una spaziosa tomba. Nulla più ci riguardava sulla terra … c’è qualcosa di peculiare in una piccola scialuppa in mare aperto. Sulle vite che avevano preso il largo dall’ombra della morte pare calare l’ombra della follia. Quando la tua nave ti viene a mancare, ti sembra che il mondo intero ti venga a mancare; il mondo che ti ha fatto, ti ha disciplinato, si è preso cura di te. È come se alle anime degli uomini che galleggiano sopra un abisso e in contatto con l’immensità fosse data la libertà di compiere qualsiasi eccesso di eroismo, di assurdità o di abominio. Naturalmente, come per la fede, il pensiero, l’amore, l’odio, la convinzione e persino l’aspetto visibile delle cose materiali vi sono tanti naufragi quanti sono gli uomini». 

 

Dr.  Nicola Russo - Medico - Scrittore