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Alessandra Cannas - Pesca ed  acquacoltura in Sardegna: situazione attuale e prospettive di sviluppo

Le attività di pesca e acquacoltura sono considerate strategiche in Sardegna, per la qualità delle produzioni e le sempre crescenti sinergie con altri settori economici legati alla valorizzazione delle risorse naturali dell’isola, in particolare il turismo.

La pesca è attuata con una flotta composta da 1198 imbarcazioni (dati fermo pesca 1999-2000) e occupa circa 1500 imbarcati. La stazza totale, pari a 9773 Tsl, è costituita per oltre il 90% da barche fino a 10 tonnellate, addette alla piccola pesca costiera con attrezzi da posta. La produzione totale della pesca marittima nel 1999 (escluse le tonnare) è stata di 18.164 tonnellate, di cui il 66% di pesci, il % di molluschi e il 18% di crostacei. (IREPA).

L’acquacoltura riguarda essenzialmente l’allevamento di pesci e molluschi e si attua in 49 impianti L’estensivo occupa circa 8000 ha di lagune salmastre, con produzione media di 136 Kg/ha mentre la pescicoltura intensiva si svolge attualmente in 17 impianti, a terra e off shore. Esistono inoltre 12 imprese che allevano molluschi, principalmente mitili, esclusivamente o in associazione con altre attività, e un’avannotteria per gamberi. Nel complesso, l’acquacoltura in Sardegna raggiunge un fatturato complessivo di 30.085 miliardi ed occupa 840 addetti. (Ismea, 1999).

La pesca sarda, oltre a risentire dei fattori che condizionano l’intero comparto ittico nazionale, mostra segnali di crisi a causa di situazioni locali difficili, soprattutto per la piccola pesca. Il crescente numero di delfini che danneggiano gravemente le attrezzature, l’aumentata estensione delle aree interdette alla pesca o, in ogni modo, soggette a limitazioni (servitù militari, aree marine protette e altre), rendono sempre meno conveniente e appetibile, per i giovani, inserirsi o in quest’attività. Le potenzialità dell’acquacoltura estensiva sono invece limitate da situazioni di degrado ambientale in alcune importanti lagune salmastre che hanno determinato, negli ultimi 15 anni, notevoli cali di produzione. L’intensivo è messo sotto accusa da un’opinione pubblica sempre più contraria alla realizzazione d’impianti, sia a terra sia off shore e che, in generale, vede con diffidenza il prodotto ittico allevato.

Si tratta perciò di prendere atto della nuova situazione, cercare di trasformare i limiti in opportunità, facilitare cambiamenti che consentano di trasformare il lavoro del pescatore e dell’acquacultore, conservando la tradizione nell’innovazione.

A tal fine si possono individuare sia azioni d’interesse generale, sia azioni mirate su obiettivi specifici. In generale bisognerà migliorare la gestione delle risorse ittiche, attraverso la costituzione dei consorzi per la gestione della fascia costiera nelle diverse aree, ognuno con regolamentazioni specifiche. Uno specifico obiettivo dovrà essere l’attività di pescaturismo che,  nella situazione sarda, può costituire un’importante integrazione nel reddito degli operatori della piccola pesca; la sua diffusione sull’intero perimetro costiero, soprattutto nelle aree protette, consentirà di consolidare i posti di lavoro a rischio e costruire opportunità d’occupazione per l’imprenditoria giovanile e femminile.

L’acquacoltura regionale richiede invece, per il suo consolidamento e sviluppo, la realizzazione di una mappa che individui le aree vocate, in modo da dare certezze perla creazione di nuove imprese. L’individuazione di poli produttivi, attrezzati con i servizi essenziali per gli impianti, potrebbe consentire l’abbattimento dei costi di produzione e interessanti sinergie di sviluppo. Fondamentale sarà infine, sia per la pesca e l’acquacoltura, la valorizzazione commerciale del prodotto, che dovrà avvenire sia attraverso la qualificazione dei processi produttivi delle imprese, sia attraverso adeguate campagne di promozione e di educazione del consumatore.

 

 

 

Alessandra Cannas – C.I.R.S.PE Via dei Gigli d’Oro, 21 – Roma