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Luigina Fattorosi - Inquinamento da composti chimici

Negli ultimi 50 anni, lo sviluppo sempre più rapido della civiltà, guidata da sempre più avanzate tecnologie, ha richiesto e richiede continuamente nuovi  materiali. Il concomitante sviluppo della chimica industriale ha permesso di soddisfare questa domanda con la sintesi e la produzione su larga scala di nuovi composti chimici. Purtroppo molti di essi, accanto all'innegabile utilità, hanno mostrato anche un grave e inaspettatamente diffuso pericolo per la salute degli ecosistemi. Tra i più utilizzati e pericolosi vi sono i POPs, Persistent Organic Pollutants, ed alcuni di essi, quali policlorodibenzodiossine (PCDDs), policlorodibenzofurani (PCDFs) e policlorobifenili (PCBs), sono entrati in modo massiccio nelle catene trofiche accumulandosi in vari organi e tessuti.

Gli inquinanti chimici possono essere liberati nell’aria, nell’acqua dei fiumi e del mare e dispersi nel terreno; uno dei principali problemi è dato dalla loro persistenza nell’ambiente, ad esempio nei sedimenti marini, e da un aumento nella concentrazione durante il passaggio attraverso la catena alimentare.

Le caratteristiche di bioaccumulo e biomagnificazione fanno sì che della loro penetrazione nelle catene trofiche ne risentano, in particolare, gli animali posti ai livelli trofici più elevati come i Cetacei e l’uomo; sono proprio questi organismi, infatti, che, presentando le concentrazioni più elevate di questi contaminanti nei loro tessuti, subiscono pesantemente gli effetti tossici.

Studi sui mammiferi marini hanno evidenziato che alte concentrazioni di questi xenobiotici sono collegate ad un indebolimento delle difese immunitarie, ad una alterazione del ciclo riproduttivo e ad una minore sopravvivenza della prole. Il calo riproduttivo sembra essere causato dall'interazione di questi contaminanti con gli ormoni sessuali e dalla scarsa attività del sistema detossificante di questi mammiferi.

I rischi conseguenti agli alti livelli di POPs diossino-simili, quali i PCB nel Mediterraneo sono quindi molto consistenti, e possono aumentare quando  l'animale si trova in un particolare stato di stress dovuto o ad un prolungato periodo di digiuno o ad una situazione patologica quale un'infezione parassitaria.

Negli organismi dei mari italiani i PCB sono presenti in concentrazioni talvolta anche elevate e le concentrazioni di questi contaminanti sono state collegate all’abbassamento delle difese immunitarie e alla morte per Morbiullivirus di numerosi esemplari di stenella striata nel Mediterraneo Occidentale (Focardi et al., 1983; Renzoni et al., 1986; Kannan et al., 1993; Corsolini et al., 1995; Corsolini et al., 1996; Borrell et al., 1996; Corsolini et al., 2000).

L’approccio che sarà utilizzato per la valutazione del rischio da composti diossino simili è quello suggerito dal Scientific Committee on Food della Unione Europea per l’uomo, che considera la Tolerable Weekly Intakes (TWI), presupponendo l’esistenza di una dose soglia per l’effetto carcinogenico. Attualmente il valore della TWI per l’uomo è stato indicato in 14 pg di 2,3,7,8-TCDD per kg di peso corporeo a settimana (SCF, 2001).

Impatto sull’ambiente:

L’esposizione a diossine e composti correlati può produrre, a vari livelli, effetti negativi sugli organismi: sono stati riportati effetti principalmente sul sistema immunitario, sul fegato e sul sistema endocrino. Studi condotti su varie specie di Mammiferi (topi, conigli, bovini, scimmie e uomo) evidenziano alterazioni a carico del sistema immunitario indotte anche a dosi molto limitate (U.S. E.P.A., 1994). I composti diossino-simili sembrano ridurre direttamente la popolazione di linfociti B, mentre i linfociti T verrebbero danneggiati attraverso effetti indotti sul sistema endocrino: la diossina è in grado di interferire con l’azione di glucocorticoidi, ormoni sessuali, tiroxina, ormone della crescita e prolattina (U.S. E.P.A., 1994). L’azione delle diossine risulta particolarmente dannosa durante lo sviluppo fetale, al momento della differenziazione tissutale del sistema immunitario, determinando alterazioni sia in senso immunodepressivo che ipersensibilizzante.  Non è stata evidenziata una soglia al di sotto della quale la diossina perda la propria immunotossicità: anche dosaggi estremamente bassi risultano in grado di alterare la funzionalità immunitaria. Il timo è uno degli organi più sensibili in assoluto all’azione della diossina: benchè esistano differenze di specie, il tessuto linfoide rappresenta un bersaglio molto sensibile in tutti gli animali studiati. Le lesioni al timo sono dirette, a carico dei timociti immaturi (linfociti della corticale), la cui evoluzione a linfociti T immunocompetenti viene bloccata; il recettore Ah è particolarmente abbondante nelle cellule epiteliali della corticale, fatto che sembra giustificare la particolare sensibilità del timo alla diossina.

L’esame del tessuto epatico di mammiferi ed uccelli, contaminati nell’episodio di Seveso, ha evidenziato nel citoplasma ammassi di reticolo endoplasmatico, con mitocondri rigonfi e granuli di emosiderina (Pellegrini, 1982). L’esposizione cronica subletale alla TCDD provoca un accumulo di porfirine nel fegato ed un incremento dell’escrezione urinaria di queste sostanze. Nei casi più gravi, l’accumulo di porfirine si estende anche alla milza ed ai reni.

Altri importanti effetti delle diossine e dei policlorobifenili avvengono a livello del sistema endocrino; tali contaminanti vengono infatti classificati tra i modulatori endocrini termine che indica “un agente esogeno che interferisce con produzione, rilascio, trasporto, metabolizzazione, legame, azione o eliminazione di ormoni naturali nel corpo, responsabili del mantenimento dell’omeostasi e della regolazione dei processi riproduttivi e di sviluppo (European Commission, 1996).

Esse possono determinare effetti a volte estrogenici, a volte anti-estrogenici a seconda del tessuto o dell’organo interessato, attraverso il legame con il recettore Ah. Negli animali da laboratorio, l’esposizione a basse dosi di 2,3,7,8-TCDD (2,3,7,8 tetraclorodibenzodiossina) è in grado di inibire gli effetti degli estrogeni a livello di ghiandola mammaria, mentre dosi più elevate durante lo sviluppo embrionale inducono effetti demascolinizzanti nella prole maschile, con modalità simili a quanto osservato somministrando estrogeni sintetici (U.S. EPA, 1994). La 2,3,7,8-TCDD possiede inoltre una notevole attività perturbante nei confronti della tiroide, specialmente in animali giovani: l’induzione enzimatica a livello epatico da essa determinata sembra portare ad una prematura degradazione dell’ormone tiroideo T4, con conseguente iperstimolazione della tiroide da parte dell’ipofisi, fino alle estreme conseguenze dell’induzione neoplastica.

La 2,3,7,8-TCDD appare infine coinvolta anche nel meccanismo di accumulo della vitamina A: molti degli effetti riscontrati negli animali in seguito all’esposizione a diossina sono sovrapponibili a quelli tipici conseguenti ad una carenza di vitamina A nella dieta (ritardo nell’accrescimento, cheratosi, lesioni epiteliali, immunosoppressione, ipofertilità e problemi teratologici) (Thunberg et al., 1980).

Tutti gli effetti sopra descritti, considerando i livelli elevati di composti diossino-simili nell’ecosistema considerato e i danni che si sono verificati all’inizio degli anni ’90 sulla popolazione di stenella striata (Kannan et al., 1993; Corsolini et al., 1995; Corsolini et al., 1996; Borrell et al., 1996; Corsolini et al., 2000), suggeriscono l’approfondimento di questo problematica in organismi posti ai vertici della catena alimentare e di grande importanza ecologica quali sono i Cetacei.

Progetto di ricerca nel Mar Adriatico:

Il progetto ha come scopo lo studio della qualità ambientale dell’area marina adriatica, mediante lo sviluppo di un sistema che permetta di integrare una serie di informazioni chimico-fisico-biologiche ottenute dai sedimenti e dagli organismi della catena trofica. L’oggetto principale è lo studio dei livelli dei contaminanti ad azione estrogenica (composti diossino-simili, IPA, TBT, tensioattivi non ionici), al fine di valutare l’input e l’eventuale danno nei tursiopi dell’area. Lo studio sarà effettuato sui sedimenti e su alcun organismi vegetali e animali posti a vari livelli della catena trofica con cadenza stagionale.

Sui sedimenti saranno valutati parametri chimici legati alla contaminazione ambientale, ed in particolare saranno considerate tutte quelle sostanze che possono essere introdotte dall’uomo nell’ambiente acquatico, e che sono in grado di alterare il sistema endocrino degli organismi marini con conseguenti disfunzioni nello sviluppo, nella crescita e nella riproduzione. I contaminanti studiati saranno i metalli pesanti, gli IPA, i TBT, i tensioattivi non-ionici e i composti diossino-simili, PCB compresi.

Sugli organismi vegetali e animali verranno determinati gli stessi contaminanti previsti per i sedimenti. In alcune specie selezionate, appartenenti ad almeno due livelli trofici, saranno inoltre determinati alcuni indici di stress ambientale e di esposizione (biomarkers); i biomarker che verranno studiati sono compresi fra quelli previsti dal Programma Med Pol per il Biomonitoraggio del Mediterraneo.

I biomarker che verranno utilizzati sono:

biomarker di stress (evidenziano sia l’esposizione, sia gli effetti tossici sugli organismi): imposex, intersex, indici fisiologici (GSI, HSI), Heat Shock Proteins (Hsp-70).

biomarker di esposizione (permettono di valutare l’esposizione ad un contaminante o ad una classe di composti tossici ma non forniscono indicazioni circa gli effetti dannosi a livello dell’organismo): attività EROD, attività dell’acetilcolinesterasi.

I composti organici persistenti, la cui presenza e attività tossica si vuole indagare, non solo rappresentano sostanze dotate di elevata tossicità per le forme acquatiche ma recentemente sono state incluse nell’elenco di quei composti dotati della capacità di mimare gli ormoni naturali da cui il termine di endocrine disruptors. Fra questi numerosi pesticidi clorurati tra cui ciclodieni, benzeni clorurati, diclorofeniletani e ciclodecani, composti di origine naturale come gli idrocarburi policliclici aromatici (IPA) ed altri presenti in molte formulazioni commerciali come i policlorobifenili (PCB) e i pesticidi clorurati.

La determinazione qualitativa e quantitativa dei composti organici persistenti sopra elencati, verrà effettuata con estrazione e analisi gascromatografica ad alta risoluzione (HR-GC), con rivelatori a cattura di elettroni e di massa (ECD, ECD-MS) e cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) con rivelatori a UV e fotodiodi. La tossicità sarà valutata calcolando i Tossici Equivalenti (TEQ) della 2,3,7,8-tetraclorodibenzodiossina, utilizzando il metodo dei TEF proposto da van den Berg et al. (1998). In particolare per l’analisi degli IPA saranno prese in considerazione le sedici specie chimiche di idrocarburi policiclici aromatici considerati inquinanti prioritari previsti dall’EPA (Agenzia di Protezione Ambientale Americana).

Verrà in aggiunta valutata la presenza di residui tessutali di tensioattivi non-ionici dotati di capacità bioconcentrativa e bioaccumulativa e noti alterare la funzionalità endocrina negli organismi esposti. In particolare verrà analizzato il contenuto di 4-nonilfenolo e delle forme basso etossilate (NP1EO, NP2EO e NP3EO) mediante cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) con rivelatore UV e a fotodiodi.

Nel complesso questo studio si basa sull’applicazione di un approccio multi integrato attraverso l’applicazione di una serie di indici e marcatori biologici in grado di fornire una risposta complessiva sullo stato fisiologico dell’organismo e della popolazione. Una prima valutazione sarà effettuata mediante l’applicazione negli organismi bioindicatori del test dei micronuclei del danno a livello del codice genetico (DNA) come marker generico di effetto; questo test, sulla base della stretta correlazione tra aberrazioni cromosomiche e formazione del micronucleo, rappresenta una tecnica di screening rapido e di semplice esecuzione per valutare i danni citogenetici conseguenti all’esposizione a miscele di composti di natura e origine diversa nell’ambiente naturale.

Successivamente, si passerà all’analisi di markers specifici d’esposizione quali la valutazione della funzionalità dell’acetilcolinesterasi (AChE), enzima funzionale delle sinapsi colinergiche sensibile all’esposizione a molecole scarsamente bioaccumulabili come gli insetticidi organfosforici e carbammati e l’induzione del complesso delle monossigenasi a funzione mista CYP450, un ottimo marcatore sensibile alla stimolazione da parte di IPA, PCB e molti pesticidi clorurati In aggiunta, la risposta del sistema va ad integrarsi a quella di segnale di endocrine disruption, proprio in funzione della capacità di quest’ultimo di biotrasformare l’induttore potenziandone e/o deattivandone la funzione endocrina (estrogenica/androgenica). In particolare negli invertebrati, dove il CYP450 risulta difficilmente espresso, verrà valutata la capacità di un sistema denominato multixenobiotic resistance (MXR) simile al trasportatore della P-glicoproteina, che dosato a livello branchiale costituisce un utile strumento di difesa nei confronti degli stessi contaminanti noti induttori del CYP450.In particolare, nell’ambito delle risposte CYP450 dipendenti, verranno valutati i livelli di induzione di specifici markers biologici cellulari quali le attività enzimatiche 7-etossiresorufina-O- deetilasi (EROD), benzo(a)pirene monoossigenasi (BPMO) e tre reduttasi NADH-NADPH dipendenti quali NADH cyt.c reduttasi, NADPH cyt.c reduttasi e NADPH ferricianuro reduttasi. La misurazione dell'attività monossigenasica assume una rilevanza ancora maggiore se si considera che l'induzione del complesso, nato per la regolazione dei livelli dei composti endogeni come gli ormoni sessuali, può determinare un effetto destabilizzante del sistema endocrino dell’organismo.

In aggiunta, verrà valutata la presenza di danni neurotossici quale l’inibizione delle esterasi di tipo B quale biomarker d’esposizione a composti che per la loro natura chimica presentano un’affinità di legame con il sito attivo dell’enzima Acetilcolinesterasi. Il legame può presentare affinità diversa a seconda del composto e provocare effetti dannosi che vanno dall’alterazione della trasmissione dell’impulso nervoso a forme di collasso vero e proprio del sistema, terminanti nella morte dell’organismo.

Infine verrà valutata la presenza di alterazioni a carico della funzionalità riproduttiva mediante analisi della struttura gonadica e dei gameti (uova e spermatozoi) mediante microscopia ottica ed elettronica. L’esposizione a composti di natura estrogenica in grado di interferire sulla funzionalità endocrina, verrà valutata per mezzo di tecniche di immunoistochimica e immunocitochimica in quanto in grado di indurre la sintesi negli esemplari di sesso maschile di una proteina estrogeno-regolata nota come vitellogenina, normalmente prodotta da individui femminili in quanto precursore del tuorlo dell’uovo.

Questo studio permetterà di effettuare una valutazione sul rischio da composti estrogenaci e contaminanti persistenti per i livelli più elevati della catena trofica marina dell’area di studio. Una volta valutato il livello del rischio e del danno negli organismi della catena trofica si provvederà infatti a valutare il rischio per gli organismi all’apice della catena alimentare, compreso l’uomo, in base ai confronti con la letteratura e all’applicazione di un modello. 

Luigina Fattorosi - Università di Siena

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