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Daniela Addis - L’Intesa in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e di zone di mare ricadenti nelle aree marine protette

Quando si parla di aree marine protette, spesso si pensa esclusivamente alla porzione di mare che con il decreto istitutivo è individuato e tutelato, dimenticando che l’area protetta comprende anche i relativi territori costieri quindi il demanio marittimo (ad eccezione dell’area marina protetta denominata “Secche di Tor Paterno", che costituisce una sorta di isola sul fondo del mare, a pochi chilometri dalla costa romana).

Secondo quanto previsto dal codice civile e dal codice della navigazione, <<appartengono allo Stato e fanno parte del demanio marittimo: il lido, la spiaggia, i porti, le rade; le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo>> (artt 822 c.c. e 28 c.n.). Per lido del mare si intende tradizionalmente la parte della riva di immediato contatto con le acque. La spiaggia è il tratto di terra contiguo al lido, senza confini fissi, una volta toccato dal mare, necessario per i pubblici usi del mare. Nel concetto di spiaggia è compreso anche quello di arenile, non usato dal legislatore, con cui si intende l’allungamento della spiaggia delimitato dal ritrarsi del mare.

Poiché tra le finalità perseguite con l’istituzione di un’area marina protetta, vi è anche la promozione dello sviluppo sostenibile dell’area, con particolare riguardo alla valorizzazione delle attività tradizionali, delle culture locali e del turismo ecocompatibile, per l’efficace gestione di un’area marina protetta assume particolare importanza la esatta individuazione delle attività che si possono coerentemente svolgere in tale ambito, ciò che, in termini amministrativi, coincide con la materia delle autorizzazioni e delle concessioni demaniali.

Infatti, l’assentimento di eventuali concessioni in tali ambiti non può prescindere dal regime giuridico di tutela e gestione dell’area marina protetta, e non può avvenire senza la puntuale specifica considerazione dei vincoli derivanti da misure introdotte con i decreti istituitivi delle aree naturali protette e dai Regolamenti, nonché dalla articolazione in zone con essi prevista, e senza l’intervento del Soggetto di gestione dell’area protetta.

Quanto esposto consente di evidenziare l’importanza che riveste l’esatta individuazione e delimitazione delle competenze spettanti da un lato all’Amministrazione competente al rilascio delle concessioni e dall’altro al Soggetto gestore dell’area marina protetta e, per esso, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

A tal riguardo, si ricorda che a seguito del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, era emersa la problematica relativa al riparto di competenze tra lo Stato, le Regioni e gli Enti locali in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e delle zone di mare ricadenti all’interno delle aree marine protette. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, pertanto, aveva chiesto al Consiglio di Stato di pronunciarsi sulla suddetta problematica, per sapere, in particolare, se le competenze stesse fossero state conferite alle Regioni o se, al contrario,  permanessero nelle attribuzioni dello Stato.

Il Consiglio di Stato, con parere n. 2194/2001 del 16 ottobre 2002,  ha affermato che la normativa statale contenuta nel D. lgs. n. 112/1998 è tuttora applicabile e, in particolare, che, in vista della finalità di tutela perseguita, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono tenuti a svolgere i rispettivi compiti sulla base di rapporti di stretta coordinazione e collaborazione.

Al fine di garantire una omogenea e coerente attività amministrativa per il rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni demaniali nel rispetto della tutela ambientale nelle aree marine protette, poiché era emersa l’esigenza di assicurare il coordinamento ed il contemperamento delle competenze rispettivamente attribuite allo Stato ed alle Regioni, il Governo, in sede di Conferenza Unificata, ha promosso la stipula di un’intesa diretta a favorire il raggiungimento di posizioni unitarie e il conseguimento di obiettivi comuni: l’Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e di zone di mare ricadenti nelle aree marine protette (Accordo 14 luglio 2005, n. 863/CU ), pubblicata in Gazzetta Ufficiale 28 luglio 2005, n. 174.

Per quanto riguarda la soluzione adottata con la suddetta Intesa, poiché l’area marina protetta, come previsto nei decreti istitutivi, è suddivisa in zone (la zona A di riserva integrale; la zona B di riserva generale; la zona C di riserva parziale) sottoposte a diverso regime di tutela ambientale, i criteri da seguire per il rilascio delle concessioni demaniali sono stati individuati in modo differenziato rispetto alle diverse tipologie di zonazione. (ex articolo 1). In particolare:

  1. a) in zona A di riserva integrale, non possono essere adottati o rinnovati provvedimenti relativi all’uso del demanio marittimo e delle zone di mare ricadenti all’interno dell’area marina protetta, anche in riferimento alle opere e autorizzazioni o concessioni demaniali preesistenti all’istituzione della stessa, fatta eccezione per quelli richiesti dal soggetto gestore dell’area marina protetta per motivi di servizio o di sicurezza o, in casi particolari, di ricerca scientifica;
  2. b) in zona B di riserva generale, i provvedimenti relativi all’uso del demanio marittimo e delle zone di mare ricadenti all’interno dell’area marina protetta, anche in riferimento alle opere e autorizzazioni o concessioni demaniali preesistenti all’istituzione della stessa, sono adottati o rinnovati dalle Regioni, o dagli enti locali cui siano state da esse conferite le funzioni, d’intesa con il soggetto gestore dell’area marina protetta, tenuto conto delle caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive;
  3. c) in zona C di riserva parziale, anziché l’intesa è previsto il previo parere del soggetto gestore dell’area marina protetta>>.

Conformemente alle competenze ad esso attribuite, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio può emanare apposite linee guida in materia, a cui i Soggetti gestori delle aree marine protette ricorreranno quali criteri informatori per il rilascio dei richiesti pareri  e, da ritenere anche per le intese (ex articolo 3).

Particolare importanza riveste poi l’articolo 2 che, relativamente alle concessioni preesistenti a tale Intesa, prevede che esse siano revocate, non rinnovate ovvero modificate se, a seguito di una ricognizione delle autorizzazioni e concessioni demaniali in essere nelle aree marine protette, risultino confligenti rispetto a quanto disposto nei rispettivi decreti istitutivi e nei regolamenti di esecuzione del decreto istitutivo e di organizzazione dell’area marina protetta.

Infine, per garantire la conforme applicazione del contenuto dell’Intesa, alle singole amministrazioni è richiesto di a) recepire tali previsioni nelle rispettive normative regionali (Regioni); b) recepire tali previsioni nel regolamento di esecuzione del decreto istitutivo e di organizzazione di ogni singola area marina protetta (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e Soggetti gestori delle aree marine protette); c) collaborare e mettere a disposizione ogni utile informazione e documentazione per consentire l’accertamento delle situazioni concessorie nelle aree marine protette (Ministero delle infrastrutture e trasporti e Capitanerie di Porto) (ex articolo 5).

Daniela Addis

(Consulente Giuridico Ambientale)