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Pierfranco Bruni - La cultura del mediterraneo nel rapporto tra Etnia e presenze minoritarie linguistiche in Italia

      Il Mediterraneo custodisce culture sommerse e metafore dell’appartenenza. I luoghi del tempo diventano luoghi di un essere e di un sapere che vivono in un racconto costante che pone all’attenzione la nostalgia delle civiltà e l’attesa dei popoli. Ma Mediterraneo non significa soltanto mare. L’acqua come allegoria del cangiante è un punto che offre una interpretazione letteraria e misteriosa. C’è anche la terra, come deserto, come testimonianza di una spiritualità che lega il passato come voce di un destino indefinibile e l’attesa come dimensione profetica.

      Non bisogna considerare il Mediterraneo soltanto come la culla della storia ma anche come il futuro di civiltà nelle quali si sono incontrati i viaggi e la memoria e il percorso di un’attesa che si rivolge al futuro. E questo è un dato che riguarda tutte le 12 etnie (storiche, secondo la normativa vigente) considerati tali in Italia. Dagli Arbereshe ai Grecanici. Dai Ladini ai Sardi. Dagli Occitani ai Franco-provenzali. Un punto deve essere chiaro. Queste etnie non appartengono alla cultura della modernità e con la modernità, in termini culturali, si scontrano costantemente.

      L’appartenenza è l’interno di una comunità. Cioè ciò che realmente si avverte, si sente, si ascolta. Non sottovalutiamo una riflessione del genere perché la vera difesa delle radici si gioca su due pilastri: la lingua e la capacità di resistenza dal punto di vista religioso. Il Mediterraneo ha visto e vede passaggi di popoli che trasmettono modelli di appartenenza. Non una appartenenza. Ma modelli che interagiscono con i vari Paesi frontalieri ma anche con quei Paesi interni che al Mediterraneo devono molta della loro storia.

      Ci sono lingue che sono state filtrate da radicamenti che hanno trovato nel Mediterraneo non solo un humus etico quanto una spiritualità e una essenza. Perché proprio nell’incontro di queste culture il Mediterraneo rappresenta il raccordo tra Occidente ed Oriente. Le etnie che sono presenti in Italia, anche quelle che hanno una radice nordica, non possono definirsi senza una valenza che ci spinge alla comprensione di snodi valoriali provenienti da realtà mediterranee.

      Se insistono presenze minoritarie che sono portatrici di etnie diversificate non è solamente una questione relativa alle nuove migrazioni o alle nuove diaspore ma l’Italia è una terra che custodisce antiche etnie che si sono ben radicate sul territorio. Si pensi a quelle culture anomale rispetto ad una tradizione mediterranea che mantengono fede ad un

 

radicamento preciso e sono ben consapevoli della loro storia. Mi riferisco ad etnie come i Cimbri, come i Ladini, come i Germanici come anche i Franco – Provenzali o, rischiando su queste comparazioni, gli Occitani. Hanno provenienze i cui dati oggettivi non chiamano in causa il Mediterraneo. Nonostante tutto la loro tradizione e la loro cultura di appartenenza ha trovato nel Mediterraneo un vissuto con il quale stabilire un dialogo costante.

      La lingua è la vera affermazione identitaria, la quale diventa, a sua volta, definizione di elementi simbolici. Queste presenze minoritarie si dichiarano con una loro tradizione e con una griglia simbolica che non può essere similare a comunità come quelle dei Grecanici o degli Arbereshe, o dei Croati, o degli Sloveni, o dei Friulani, o dei Catalani.  Ci sono, inoltre, altre presenze minoritarie che non hanno un luogo ma non hanno neppure un non luogo.  Soltanto il Mediterraneo può unire nella diversità. Ecco perché non può esistere una sola cultura mediterranea e non può reggere un Mediterraneo legato, pur marcatamente, solo alla storia, ovvero al passato. Una nuova “percezione” del Mediterraneo è proprio nella consapevolezza delle aumentate diversità.

      I popoli e le civiltà non possono vivere di passato perché corrono il rischio di morire di passato. Il Mediterraneo che è stato luogo della profezia non può fare a meno di segnare il destino del futuro. La tradizione è nel popoli. In quei popoli che lo hanno attraversato e che lo vivono. Il futuro è nella centralità di un processo che va oltre.

 

di Pierfranco Bruni*

 

* Presidente Comitato Nazionale Minoranze Etnico – Linguistiche in Italia del Ministero per i Beni e le Attività Culturali