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Ferruccio Maltagliati - Identificazione degli stock del riccio di mare Paracentrotus lividus (Echinodermata, Echinoidea) mediante sequenze di DNA mitocondriale

Negli ultimi decenni si è verificata una sempre crescente applicazione dei risultati della genetica e della filogeografia nel campo dell’ecologia e della gestione della pesca. I dati molecolari delle specie bersaglio possono fornire, infatti, un importante contributo, sia per la valutazione dell’erosione genetica dovuta all’eccessivo prelievo, sia per l’identificazione degli stock.

                Con il presente lavoro è stato affrontato il problema dello studio della struttura genetica del riccio di mare edule, Paracentrotus lividus (Lamarck, 1816) nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico orientale. Come metodo analitico è stato usato il sequenziamento dell’intera regione mitocondriale codificante per il citocromo b (Cyt b, 1143 bp). Complessivamente sono stati analizzati 10 individui per ciascuna delle 26 località considerate .

Vedi allegato

                L’analisi delle sequenze del Cyt b in P. lividus ha permesso di verificare la presenza di elevati livelli di diversità genetica all’interno dei campioni, con valori di diversità aplotipica 0.844<h<1. Questo risultato suggerisce che non sono presenti fenomeni di erosione genetica e gli stock  sono caratterizzati da una buona “salute genetica”. L’attuale pressione di pesca, quindi, può essere considerata sostenibile, almeno dal punto di vista genetico.

                Sulla base dei test di assegnazione Bayesiana e del network degli aplotipi, è stato possibile identificare tre grandi stock genetici moderatamente differenziati tra loro, corrispondenti all’Atlantico orientale, all’Adriatico e al Mediterraneo occidentale/orientale. Non è stata rilevata significativa differenziazione genetica tra individui del Mediterraneo occidentale e quelli del Mediterraneo orientale. Lo Stretto di Sicilia, quindi, risulta una costrizione biogeografica insufficiente a produrre divergenza genetica in P. lividus.

                Il grande potenziale per la riproduzione e la dispersione di questa specie, che possiede una larva con 30-40 giorni di vita planctonica, tende a produrre omogeneità genetica anche a distanze considerevolmente elevate. Questa caratteristica, inoltre, favorisce il cosiddetto “rescue effect”, permettendo agli stock locali sfruttati di recuperare rapidamente, grazie al grande apporto di larve prodotte in aree distanti e all’elevato tasso di reclutamento.

 

Prof. Ferruccio Maltagliati - Università di Pisa, Dipartimento di Biologia, Unità di Biologia Marina e Ecologia, Via Derna 1, 56126 Pisa, Italy [e-mail: fmaltagliati@biologia.unipi.it]

 

Il presente lavoro è stato svolto in collaborazione con A. Castelli e M. Barbieri (Unità di Biologia Marina e Ecologia) e F. Dini e G. Di Giuseppe (Unità di Protistologia-Zoologia).