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Roberto Patruno - Il trasporto marittimo in Mediterraneo: rischi e sfide in un contesto geo-politico in evoluzione

Il ruolo dell’Italia e della Sicilia

La navigazione per mare ed il trasporto marittimo sono da sempre parti integranti del patrimonio della storia mediterranea.

In un’area che rappresenta solo lo 0,7% della superficie totale dei mari del pianeta, si muove un terzo del traffico mondiale di merci trasportate per nave, petrolio a parte, ponendo il  Mediterraneo al secondo posto al mondo per quantità di traffico dopo gli stretti di Malacca e Singapore.

Per quanto riguarda il traffico petrolifero, 410 milioni di tonnellate di petrolio hanno navigato nel bacino nel 2008, il che rappresenta più del 25%  del totale trasportato per mare a livello planetario.

Questi dati sono in veloce crescita per numerose ragioni  e, secondo le previsioni della Banca Mondiale, si calcola che, crisi mondiale a parte, siano destinati a raddoppiare nei prossimi 20 anni, con il petrolio che, da solo, sarebbe destinato a raggiungere gli 800 milioni di tonnellate trasportate in Mediterraneo già nel 2015.

Di tutta questa enorme mole di traffico, circa il 90% transita nello Stretto di Sicilia.

 

Rischio ambientale e sicurezza marittima

E’ innegabile che, come conseguenza immediata, il livello di rischio nel bacino, sia quello riferito ai sinistri accidentali, sia quello relativo al criminale comportamento delle immissioni volontarie in mare di residui oleosi o di altre sostanze comunque nocive per l’ambiente sia destinato ad aumentare, a meno che non si intervenga con misure urgenti tese a prevenire sia gli incidenti che i comportamenti illeciti.

In effetti, senza interventi adeguati, aree classificate già ad alto rischio quali l’Adriatico, il Canale d’Otranto, il Mare Egeo, lo Stretto di Sicilia, lo Stretto di Messina e quello di Bonifacio, solo per citare le maggiori, o comunque quelle più prossime agli interessi italiani, saranno sottoposte ad una pressione non sostenibile.

Di pari passo con un aumento del livello di rischio per l’ambiente, l’incremento del traffico e di altre attività, anche illecite, condotte per mare in Mediterraneo pongono problemi di sempre maggiore attenzione per quanto riguarda tutti gli aspetti attinenti  la sicurezza (safety e security).

 

Azioni della Comunità Internazionale

Per rispondere a questi problemi la comunità internazionale coordinata nella sua azione dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), promuove il continuo aggiornamento degli aspetti normativi e regolamentari, unitamente al miglioramento degli standard di sicurezza delle navi, del  livello di preparazione professionale degli equipaggi, dell’adeguamento costante dei sistemi di assistenza alla navigazione (VTS, VTMIS, AIS, LRIT, ENC, MEH).

Da qualche anno, e soprattutto dopo i gravi incidenti della m/c Erika (1999) e della m/c Prestige (2001), anche l’Europa  agisce in questo campo all’unisono con l’IMO  attraverso l’emanazione di direttive che, nel fare proprie le norme contenute nelle Convenzioni e nei Protocolli dell’IMO, ne rendono obbligatorio il rispetto e l’applicazione per gli Stati Membri.

 

Azioni in Mediterraneo

Lungo le coste italiane  il VTS, così come l’AIS sono presenti in Adriatico, in Sicilia, in Puglia, nelle Bocche di Bonifacio, in Toscana e Liguria in attuazione di un programma iniziato già da anni e che,  affidato al Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera sia per quanto riguarda la sua realizzazione che per la gestione operativa, fa dell’Italia il paese  mediterraneo dotato del più evoluto sistema di controllo e gestione delle attività marittime nel bacino.

Proprio per rispondere a questa crescente domanda ed esigenza di sicurezza, anche l’Unione Europea è attiva da anni su più fronti e mentre, da un lato, ha riunito sotto un unico ombrello il coordinamento di tutte le attività riguardanti la sicurezza marittima creando un’Agenzia specifica, l’EMSSA, dall’altra ha reso obbligatorio e promosso anche l’uso dell’AIS nei mari europei.

Nel contempo, per quanto riguarda la regione mediterranea, consci del fatto che le caratteristiche geo-politiche dell’area richiedevano significativi interventi strutturali di supporto tesi a promuovere la riduzione del Gap Nord-Sud, l’Europa ha lanciato a Parigi nel luglio 2008 l’Unione per il Mediterraneo (UPM) – progetto di sicurezza condivisa - destinato a rilanciare e rinvigorire il “Processo di Barcellona 1995” (EUROMED 95) che non aveva raggiunto gli obiettivi di programma (creazione di un’area di libero scambio in Mediterraneo entro il 2010) puntando in particolare proprio sugli aspetti socio-economici, oltre che su quelli di safety-security e di protezione ambientale e  protezione civile.

Il fine alla base di tali azioni era quello di promuovere un graduale e bilanciato sviluppo di tutta la regione attraverso un processo di integrazione che basa il suo principio sul convincimento che l’essere bagnati dalle stesse acque significasse essere simili. Partendo da tali premesse, tutto il progetto di coinvolgere il Nord Africa nell'area politico-economica europea è totalmente fallito, avendo l’Europa non sufficientemente considerato che il Mediterraneo, malgrado sia da sempre ritenuto la culla della civiltà occidentale, bagna popoli profondamente diversi dal punto di vista storico, economico, culturale, psicologico e, non ultimo, di fede religiosa.

 

Conclusione (azione e ruolo dell’Italia e della Sicilia)

In una situazione del genere, resa più grave dalle drammatiche crisi che hanno colpito tutti i Paesi del Nord Africa, è indispensabile che da oggi in poi ogni azione dell’Unione Europea in Mediterraneo tenga innanzi tutto conto dei seguenti aspetti:

  1. la regione mediterranea rappresenta per l’Europa un’area di importanza primaria per quanto riguarda gli aspetti di stabilità politica, socio economica e di sicurezza. Per questo motivo è prioritario favorirne lo sviluppo in modo armonico e sostenibile;
  2. le caratteristiche di diversità e, al tempo stesso, di patrimonio comune che fanno del bacino mediterraneo una regione unica al mondo ne segnano, al contempo, la sua forza e la sua fragilità. Ogni azione deve quindi tener conto di tale complessa situazione attraverso programmi finalizzati a favorire e aiutare lo sviluppo economico e sociale dei Paesi dell’area  nel pieno rispetto delle loro realtà, abbandonando l’idea “neo-colonialista” che tutto ciò che noi consideriamo valido per l’Europa sia altrettanto valido per il Sud del Mediterraneo;
  3. non si può parlare di sicurezza della navigazione e dei traffici, né di protezione dell’ambiente marino e costiero in Mediterraneo, se non comprendendoli in un contesto di armonico ed equilibrato sviluppo sociale ed economico a livello regionale;
  4. il fallimento dei programmi Euromed 95 e UPM 2008 dovrebbe averci insegnato quanto la strategia e l’approccio debbano necessariamente essere diversi. Perché la regione mediterranea diventi volano di un nuovo sviluppo di cui possano beneficiare tutti i Paesi del bacino e l’Europa, anche in termini di sicurezza in senso generale, è indispensabile la creazione di un’Agenzia per il Mediterraneo che, superando la logica dei meri programmi, sia il mezzo ed il motore attraverso il quale tutto il Sud della regione venga accompagnato nell’azione di recupero della sua dignità, di stabilità socio-economica e di sicurezza.

In questo quadro di crisi si offre per l’Italia una opportunità unica ed irripetibile di rilancio di immagine e di ruolo guida, non solo per gli aspetti marittimi, in un’area che sempre di più si dimostra strategica per gli equilibri economico-politici globali, peraltro non limitati al bacino mediterraneo.

 

Roberto Patruno - Contrammiraglio(CP)r.