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Franco Prodi - I cambiamenti climatici ITA.pdfDownload Share on Facebook

C’è una considerazione che viene spontanea quando si esaminano gli scenari di cambiamenti climatici futuri, ed è  che la forbice di previsione sia che si tratti della temperatura globale dell’aria al suolo, o del livello dell’innalzamento dei mari, o della data della scomparsa della calotta ghiacciata artica estiva, è talmente ampia che non si può progettare nulla di sensato su quelle sole basi. Gli scienziati del clima sanno che i cambiamenti climatici ci sono sempre stati ed hanno scritto la storia del pianeta Terra nell'arco di milioni di anni, che sono dovuti a cause astronomiche (la distanza Terra-Sole), astrofisiche (il sole, la nostra stella), terrestri (le eruzioni vulcaniche,  la deriva dei continenti il  ruolo dell’atmosfera). Sanno che l’uomo industriale è diventato capace di competere con la natura nel cambiare l’ambiente ed il clima del pianeta, ma sanno anche che ci troviamo su tratte temporali completamente diverse nei due diversi ordini di cause (due secoli sono un battito di ciglia rispetto alle centinaia di migliaia d’anni). Sanno che l’uomo sta quindi modificando il clima bruciando combustibili fossili, allevando animali su grande scala, cambiando l’uso dei suoli in maniera massiccia etc. Ma bisogna anche dire che una quantificazione dell’apporto dell’uomo al cambiamento, in rapporto alle cause naturali, è difficile da fare, e bisogna spiegarne le ragioni.

Per risalire alle cause di queste variazioni bisogna pensare non solo al pianeta Terra ma anche al sole, la stella che lo illumina continuamente generando energia sotto forma principalmente di onde elettromagnetiche, con reazioni nucleari che consumano quattro atomi di idrogeno per ogni atomo di elio prodotto e convertendo la differenza di massa in energia. Ebbene, se la Terra fosse una sfera perfetta ed omogenea e priva di atmosfera la situazione di equilibrio sarebbe facilmente calcolabile. Basterebbe eguagliare il flusso di energia solare intercettato dalla sfera a quello emesso dalla stessa sotto forma di radiazione infrarossa verso tutto lo spazio esterno per ottenere la temperatura di equilibrio. La presenza dell’atmosfera, con i diversi gas costituenti, le particelle di aerosol sospese in essa e soprattutto le nubi, complica il problema, così come lo complica il fatto che l’interno della Terra non è omogeneo e contiene delle fonti di calore.

E’ chiaro che ciò che cambia le caratteristiche geometriche e fisiche del sistema (mutamenti nell'attività del sole, variazione della distanza Terra-Sole, variazione dell’angolo che l’asse di rotazione della Terra fa con il piano dell’eclittica, della eccentricità dell’orbita terrestre), cambia anche il flusso di energia in arrivo, quindi anche il clima.

L’attività del sole non è costante ma presenta, sulla superficie, delle macchie che compaiono con un periodo di 11 anni circa. A questa variata attività corrispondono variazioni dell’intensità del vento solare (flusso di elettroni, protoni, mesoni ed altre particelle) che investe la Terra ed interagisce con la sua magnetosfera. Questa é considerata un causa astrofisica delle variazioni del clima.

Per completare le cause naturali di variazioni climatiche a queste citate di natura astronomica ed astrofisica vanno aggiunte le interazioni fra le diverse componenti del sistema (atmosfera, oceano, criosfera, litosfera e biosfera), le eruzioni vulcaniche per immissione di aerosol e gas in atmosfera, la deriva dei continenti e la naturale variabilità delle nubi in tipo e copertura.

Per la prima volta nella storia del nostro pianeta l’Uomo può influire, e sta influendo, sul clima cambiando la composizione dell’atmosfera, le caratteristiche dell’aerosol sospeso e la microfisica delle nubi, e variando l’albedo superficiale del pianeta.

Per quanto riguarda gli aerosol e le nubi il contributo alla forzatura radiativa non è ancora conosciuto e non si sa bene in quale verso agisca e quale sia la parte della variazione ascrivibile all'uomo. Vale la pena di soffermarsi sul ruolo delle nubi in particolare.

Nell'atmosfera priva di nubi la radiazione solare viene riflessa come tale verso lo spazio esterno dalle molecole di gas  e dalle particelle di aerosol presenti. Una volta raggiunta la superficie terrestre, questa emette di nuovo verso lo spazio esterno la radiazione come un corpo nero a 300 K.

Se invece vi sono nubi, la parte di radiazione solare che viene subito riflessa dalla sommità della nube verso lo spazio esterno aumenta, ma vi e’ sia un assorbimento all'interno della nube che una diffusione (scattering). Inoltre molto dipenderà dall'altezza alla quale si trova la nube e la composizione della stessa (se di goccioline d’acqua o di cristalli di ghiaccio).

Consideriamo in particolare una popolazione di goccioline di nube; essa produce una forte estinzione sia della radiazione solare che della radiazione infrarossa. Gli effetti delle nubi sul clima  possono essere così raggruppati:

Effetti di assorbimento e riflessione della radiazione solare (onda corta) da parte delle nubi con conseguente variazione dell’albedo, attraverso la variazione di spessore ottico. Infatti l’albedo 

aumenta al crescere dello spessore ottico, e quindi del suo spessore geometrico, al crescere della concentrazione delle goccioline e della loro dimensione. L’assorbanza, d’altra parte, e’ strettamente legata all'indice di rifrazione delle goccioline ed alle proprietà ottiche della nube. Pertanto considerevoli variazioni delle caratteristiche ottiche di una nube possono essere causate non solo dalle particelle di aerosol che sono state catturate dalle goccioline di nube, ma anche dalle particelle cosiddette interstiziali (libere nello spazio tra le goccioline).  In particolare le particelle di aerosol prodotte dall'uomo possono provocare notevoli variazioni dell’assorbanza   e della riflettanza  delle nubi.

Vi sono poi effetti dovuti alla emissione della radiazione infrarossa da parte delle nubi. Ogni strato di nube emette radiazione termica verso l’alto e verso il basso, comportandosi in maniera molto simile ad un corpo nero avente la stessa temperatura dello strato. In generale una nube emette più radiazione termica verso il basso che non  verso l’alto (essendo la parte inferiore più calda di quella superiore) cosicché considerando i soli termini della radiazione infrarossa essa contribuisce a rafforzare maggiormente l’effetto serra dell’atmosfera che non i processi di raffreddamento del sistema terra –atmosfera. Si deve tenere presente inoltre che, fatta eccezione per i cirri sottili, lo spessore ottico delle nubi nell'infrarosso è solitamente abbastanza grande perché la radiazione termica emessa dalla superficie terrestre e dagli strati atmosferici sottostanti sia quasi integralmente attenuata dalla nube. Quindi, quando si valutano gli effetti delle nubi sul flusso di radiazione infrarossa uscente dal sistema Terra- Atmosfera e’ importante tenere conto soprattutto della temperatura delle strato superiore della nube,  poiché da essa dipende principalmente il valore dell’irradianza emessa dall'atmosfera verso lo spazio esterno.

Effetti dovuti  all'attenuazione della radiazione infrarossa. L’estinzione da parte delle nubi avviene per scattering ad assorbimento. L’ammontare dipende dallo spessore ottico delle nubi, che ancora una volta dipende dallo spessore geometrico, dalla concentrazione delle goccioline e dalle loro caratteristiche chimiche e fisiche.

Ricordiamo inoltre che la azione indiretta dell’aerosol antropico attraverso la modifica della microfisica delle nubi é pure un processo importante, complesso e poco noto.

In un quadro di sintesi possiamo dire che, limitandoci alle cause di variazioni climatiche operanti su tempi paragonabili a quelli dell’industrializzazione, ve ne sono di note e quantificate (gas serra) e di meno note e da approfondire (aerosol e nubi). Ma consapevoli del rischio che si corre nel restare inattivi anche in carenza di conoscenza di alcuni aspetti si intende procedere in base al principio di precauzione autolimitando con accordi internazionali la immissione della anidride carbonica (di effetto certo di riscaldamento) in atmosfera.

Ovviamente, essendo questa la natura della questione, non stupisce che vi siano scienziati che sostengono questo principio di precauzione e scienziati che vi si oppongono sulla base della considerazione che la scarsa conoscenza di alcuni addendi rende la somma incerta.

Come si è illustrato a titolo esemplificativo il ruolo delle nubi e la difficoltà di inserirle nel bilancio di radiazione, sarebbe ugualmente necessario illustrare aspetti ancora da chiarire nel rapporto fra i vari comparti: oceano- atmosfera (natura degli scambi per produrre modelli accoppiati più affidabili), criosfera-oceano (formazione delle acque profonde etc.), vegetazione-atmosfera (cambiamenti globali della composizione dell’atmosfera e cicli del carbonio e dell’azoto), ciclo dell’acqua e ruoli del vapore d’acqua come gas serra etc.  Si vede quindi quanta strada resta da fare.

Inoltre è importante asserire come il discorso dei cambiamenti climatici debba essere trattato come uno dei vertici di un triangolo che deve comprendere l’energia (e gli scenari del suo impiego futuro), e l’ambiente, il cui deterioramento grave è sotto gli occhi di tutti. In realtà, essendo il medesimo comportamento (crescita esponenziale dell’energia impiegata, uso di tecnologie inquinanti etc.) a produrre sia serie minacce di cambiamento globale del clima che degrado ambientale, vi sarebbero già buoni motivi di procedere a cambiamenti di stili di vita da subito in base a questa ultima constatazione, in aggiunta al principio di precauzione per il clima.

Deve anche cambiare il passo col quale la ricerca affronta il problema clima sia negli aspetti dei singoli processi che nella messa a punto di un modello globale realmente affidabile, adeguando i tempi della scienza, troppo lenti, a quelli urgenti dettati dalla preoccupazione dell’intera umanità per i destini del pianeta.

In conclusione, ritengo che si debba con forza ristabilire con urgenza il ruolo primario della ricerca  sul clima rispetto alle attività di scenario in gran parte premature. Occorre chiarire alle nuove generazioni la natura cruciale ed urgente di questa sfida scientifica, e, pur operando opportunamente in base al principio di precauzione, ricordarne il compito del tutto provvisorio nell'attesa di una conoscenza  più consolidata. E’ doveroso che si tenga presente che quella della conoscenza del sistema clima è una sfida intellettuale e scientifica poderosa, con una rilevanza pari a quella della stessa nascita della scienza nel contesto della cultura occidentale del diciassettesimo secolo.

 

 

Franco Prodi, ISAC-CNR, Bologna